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6 aprile: macerie che restano, crepe che emergono.

A tre anni dal sisma che devastò L’Aquila e i territori limitrofi provocando 309 morti e circa 2000 feriti, molte cose sono cambiate nella vita di residenti e studenti (la vera ricchezza della città): attività commerciali chiuse e mai riaperte, iscrizioni universitarie in netto calo, fabbriche a rischio chiusura definitiva, abitudini stravolte, disturbi del sonno, sbalzi d’umore, depressione e disturbi psichici vari in aumento esponenziale.

 

 

Quanto in tutto questo hanno contribuito quelle promesse da spot, quei miracoli annunciati al microfono, non è facile dirlo con precisione. Si può però affermare con certezza che quelle parole hanno creato aspettive, illusioni, speranze nelle molte persone che hanno creduto a ciò che gli veniva garantito. Per loro la fine di ogni giornata ha rappresentato una piccola-grande delusione. Alle delusioni si sa, c’è chi reagisce in un modo chi in un altro.

Per tante altre cose invece, il tempo sembra essersi fermato a quella maledetta notte e poco o nulla appare diverso da allora. Per gli scettici, per chi “vede” L’Aquila tutta bella sistemata e con la ricostruzione ben avviata, ecco le parole dei numeri:

il 95% delle macerie resta ancora da rimuovere (secondo il report “I numeri della ricostruzione” della Struttura per la Gestione dell’Emergenza, le macerie complessive ammontano a quattro milioni di tonnellate: ad oggi ne sono state rimosse 211mila);

– oltre 7 mila persone abitano nei Map (Moduli abitativi provvisori, ossia le casette di legno, nate subito dopo la tragedia per opera del Dipartimento della protezione civile nazionale), 573 nelle case in affitto concordato con la Protezione Civile,  314 persone risiedono in albergo o nella Scuola sottufficiali della Guardia di Finanza di Coppito (L’Aquila);

– circa 13 mila cittadini risiedono nelle 19 new town del cosidetto Progetto “Case”, realizzate in tempo record. Abitazioni provvisorie che hanno avuto un costo di 2.700 euro a metro quadrato e che a distanza di tre anni, hanno fatto registrare molte proteste della popolazione per difetti o peggio ancora, per interventi di manutenzione mai eseguiti. Qualcuno che ci abita le chiama il cimitero dei vivi dove risiedono i non morti aquilani;

circa 500 micro imprese artigianali non sono riuscite a ripartire e altre 1.500 sono a rischio chiusura (stima di Confartigianato);

numerose piccole e medie aziende sono state costrette a chiudere a causa della mancata ricostruzione. Soltanto nell’immediata periferia sono cominciati, a macchia di leopardo, i lavori di ristrutturazione o ricostruzione;

– studi di settore hanno messo in luce come il 70 per cento degli aquilani e’ affetto da depressione silente che provoca sensazione di insoddisfazione e tristezza;

Per chi non si accontenta dei numeri:

 

Le seguenti, sono pagine di un ‘non-diario’ scritte da uno studente come tanti, dato per disperso da qualcuno tra le macerie di una decadente civiltà.

 
16 aprile 2009
 
A volte tutto si risolve in pochi attimi.
Bastano pochi secondi per stravolgere la solita normalità.
Qualche istante e vengono spazzate via vite, speranze, certezze, quotidianità.
Siamo nulla a confronto con la natura, ma troppo spesso ce lo dimentichiamo o facciamo finta, ci autoconvinciamo di poterla contenere a nostro piacimento, la calpestiamo e ne abusiamo regolarmente.
L’uomo tende sempre più ad assumere comportamenti compatibili con la concezione di una sua onnipotenza suprema, ingannando la consapevolezza della reale condizione di misera impotenza che molto più gli appartiene.
Quello che, ad un livello più superficiale, appare come un non rispetto della natura risulta, ad uno strato più profondo, principalmente un non rispetto di se stessi. Ci costruiamo da noi le bare della nostra fine. L’uomo contribuisce sempre in modo determinante al compimento delle sue tragedie.
Quel che più fa rabbia è che, a pagare il prezzo più alto, sono persone che non c’entrano nulla con i responsabili, se non il fatto di appartenere alla loro stessa specie. Simili uccisi direttamente o indirettamente da altri simili. Così mi tornano in mente continuamente strazianti storie di ragazzi, morti centinaia di chilometri lontano dalle loro case, dalle loro famiglie, dai loro affetti. Avevano scelto con l’entusiasmo tipico di quella età cosa tentare di diventare. Là volevano costruirsi il loro futuro, là hanno trovato la distruzione della propria esistenza. Niente e nessuno restituirà a loro e alle loro famiglie quello che gli è stato tolto, nemmeno la tramandata convenienza della fede.
 
 
 
29 settembre 2009
 
Torno a scrivere dopo mesi di silenzio, di vuoto eloquente, di incapacità nel comporre frasi che contenessero il mio senso. Non che io non abbia provato a farlo. Di cose ce ne sarebbero state da raccontare. Molte possedevano anche un certo ordine logico nella concatenazione delle mie riflessioni, ma nel momento in cui tentavano di prender la forma di uno scritto, sfuggivano anche ai più complessi sforzi della comprensione.  
Semplicemente, non era l’ora di tirarle fuori. Non erano pronte loro, non ero pronto io.
Le conseguenze dei traumi non sono mai istantanee, la consapevolezza di averli vissuti può farsi attendere senza mai arrivare.
Pensiamo di poter rimanere immuni alle cose che ci circondano o ci accadono. Con la parvenza dell’impassibilità, della forza del carattere, dell’andare avanti verso nuove mete proviamo ad ingannare gli altri, e con loro noi stessi. Ma le cose ci inseguono e si annidano dentro di noi senza farsi sentire a volte…condizionano i nostri comportamenti, il nostro modo di pensare, le nostre relazioni, le nostre sensazioni, i nostri stati d’animo. Siamo tutti più fragili di quanto mostriamo!
Il tempo rivela, a poco a poco, e in modi differenti, quello che la mente ha provato a nascondere, insabbiare, reprimere, far finta che non sia mai stato.
A distanza di mesi, mi rendo conto che anch’io porto segni piuttosto profondi, fino a qualche tempo fa  estranei alla mia consapevolezza, e che ancora si nascondono più o meno bene agli altri.
I grandi cataclismi non sono così terribili solo perché devastano case, palazzi, monumenti. I segni visibili sono solo i più superficiali. Quello che più colpisce è che essi condizionano e sconvolgono, vite, speranze, progetti, rapporti, legami. Gli effetti visibili in superficie prima o poi verranno risistemati (come promesso)…le case ricostruite, i monumenti restaurati, le strade rimesse in sesto. Ma se andiamo oltre con lo sguardo, se proviamo ad addentrarci nel profondo delle situazioni, allora bisogna chiedersi: chi è quando ci restituiranno quello che ci è stato tolto? Torneremo alla nostra normalità???
Qualcuno in giro, ancora oggi, si vanta di star facendo miracoli. In una situazione così delicata e difficile c’è chi non perde una occasione, una, per glorificarsi davanti ai grandi schermi. Del resto ciò che a loro importa veramente non è quel che è, ma quello che deve apparire. Non credo per niente ai miracoli (credo siano piuttosto spiegazioni forzate del non-spiegabile per le conoscenze del momento), ancor meno a chi se ne professa l’artefice. Dovremmo avere l’umiltà di riconoscere i nostri limiti, i limiti dell’essere umano…invece continuiamo ad avere presunzioni di onnipotenza, l’onnipotenza degli Dei.
Ci hanno dato rassicurazioni, fatto promesse, fornito altre illusioni. Quello che invece ci resta da tutto questo pandemonio è un senso di estrema incertezza, incertezza su ogni cosa, anche la più banale.
Torneremo alla nostra normalità?????
No, non ci torneremo, non è più possibile.
Quella condizione che noi consideravamo “normalità”, è andata perduta, è stata frantumata, e adesso sta lì, in mezzo a tutte le macerie che non saranno più case, tra quei banchi sfondati che nessun studente più calcherà, in quei letti su cui più nessuno dormirà. Possiamo aspirare solo ad altre condizioni che prima o poi torneremo a definire “normale” ma che saranno assai differenti da QUELLA PERDUTA NORMALITA’…
 

 

Il video è vecchio di un anno, ma da un anno a questa parte le cose sono rimaste pressappoco le stesse.

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Mirco Zurlo
"Quando non si conosce la verità di una cosa, è bene che vi sia un errore comune che fissi la mente degli uomini. La malattia principale dell'uomo è la malattia inquieta delle cose che non può conoscere; e per lui è minor male essere nell'errore che in quella curiosità inutile".

5 Commenti

  1. White Riot

    Complimenti per l’articolo che, sinceramente, avrei preferito non leggere…
    qui altri dati. altri in tutti i sensi.
    http://www.commissarioperlaricostruzione.it/

  2. Mirco Zurlo

    Grazie. Ottimo il link segnalato. Alcuni dati corrispondono a quelli dell’articolo, su altri si potrebbe discutere. Ad esempio, si parla del 25% di macerie “rimovibili” rimosse (http://www.commissarioperlaricostruzione.it/Informare/Archivio-notizie/Ricostruzione-il-consuntivo-a-3-anni-dal-terremoto), mentre la Struttura per la Gestione dell’Emergenza (SGE) parla del 5% di macerie rimosse. Mi chiedo, cosa si intende per macerie rimovibili? Che differenza c’è tra macerie e macerie rimovibili? Ci sono macerie che non possono essere rimosse?
    Ho l’impressione che siano molto bravi a scrivere in modo che la situazione appaia più rosea di quello che effettivamente è.

  3. Mirco Zurlo

    “Per il fisico Gaetano De Luca, responsabile della rete di monitoraggio sismico abruzzese del Centro Nazionale Terremoti «la censura avvenuta nel 1999, dopo la scoperta di un fattore di amplificazione 10 nella città dell’Aquila (ed in siti geologici con simili caratteristiche), che aumenta la potenza distruttiva di un terremoto anche di medie proporzioni, nei fatti sussiste ancora oggi, in quanto le direttive per la ricostruzione non tengono conto di questo fondamentale parametro».
    «Si sta ricostruendo – ha detto – affinché tutto crolli di nuovo. Nessun politico locale – ha proseguito – ha inteso, né prima né dopo il 6 Aprile 2009, convocare il responsabile del monitoraggio regionale per valutare attentamente lo stato della situazione».
    […] … il geofisico, sismologo e vulcanologo Christian Del Pinto, responsabile scientifico del Centro funzionale Protezione Civile della Regione Molise, che imputa alla classe dirigente locale «una mancata sinergia con quegli esperti che lavorano quotidianamente con il dato sismico, esclusi tra l’altro il 31 Marzo 2009 dalla riunione della Commissione Grandi Rischi, a vantaggio di consulte con figure poco qualificate il cui apporto esula da qualsiasi rigore scientifico».
    «I terremoti – ha proseguito – attualmente non possono essere previsti. L’unica arma che abbiamo è la prevenzione: la conoscenza del territorio attraverso indagini dettagliate di microzonazione per valutare la risposta del terreno all’onda sismica deve essere alla base di ogni campagna di mitigazione della vulnerabilità degli edifici tramite una messa in sicurezza che non sia solo fittizia».
    «In Molise la rete di monitoraggio locale è stata voluta dall’Istituzione, con delibera di Giunta Regionale n. 1467 del 20 settembre 2006. In Abruzzo,i politici non conoscono neanche l’esistenza di una rete sismica locale».
    «Si deve tener conto – ha concluso – che nei dintorni dell’Aquilano (dal Sirente a Campotosto) persistono attualmente 8 faglie attive, alcune delle quali in grado di originare eventi di magnitudo anche più elevata di quanto accaduto il 6 Aprile 2009 e latenti da migliaia di anni»”.

    http://www.6aprile.it/ricostruzione_economia/2014/11/11/laquila-si-sta-ricostruendo-affinche-tutto-crolli-di-nuovo.html

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