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La Città in Ostaggio

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro

                                                    Articolo 1 della Costituzione

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”

                                                   Articolo 4 della Costituzione

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”

                                                     Articolo 32 della Costituzione

“L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

                                                  Articolo 41 della Costituzione

Taranto: una città ostaggio del più grande complesso siderurgico del Mediterraneo da più di mezzo secolo, un mostro che ha barattato migliaia di posti di lavoro con il diritto alla salute pubblica e con il principio di tutela dell’ambiente.

Proprio in queste ore circa 8.000 operai dell’Ilva stanno marciando sul capoluogo pugliese per protestare contro la decisione del gip che ieri ha disposto il sequestro dell’area a caldo dello stabilimento e misure cautelari per i principali indagati dell’inchiesta per disastro ambientale.

Il processo all’acciaieria è giunto così ad una svolta drammatica ma prevedibile, aprendo scenari devastanti per l’apparato socio- economico dell’area e proponendo uno spunto di riflessione più che mai attuale.

L’articolo 32 della Costituzione italiana sancisce infatti il fondamentale diritto alla tutela della salute, diritto violato dall’esercizio anomalo dell’impianto industriale dell’Ilva stando alle risultanze investigative. La perizia chimica e la perizia epidemiologica sulle quali si basano le recenti decisioni hanno dipinto infatti un quadro desolante: l’acciaieria rilascia in atmosfera sostanze pericolose come diossina e Pcb e, a causa del fenomeno inquinante, aumentano i casi di tumore (anche in età pediatrica), si diffondono malattie respiratorie e cardiovascolari nonché  malformazioni.

Il rovescio della medaglia è costituito dal diritto al lavoro. La situazione, che mette a rischio forse 20.000 posti , ha gettato nello sconforto totale gli operai dello stabilimento, pronti a tutto pur di non perdere in molti casi l’unica fonte di reddito a disposizione. Risulta paradossale pensare che gli stessi che stanno manifestando forse hanno subito direttamente o indirettamente gli effetti epidemiologici del sito stesso.

Se poi il crollo del mostro siderurgico lo si inquadra nello scenario apocalittico che l’economia italia sta attraversando, quello che emerge è un vero e proprio dramma sociale.

Purtroppo anni e anni di sviluppo non sostenibile hanno gettato un macigno pesantissimo sul futuro della città, ricattata in nome di un’industrializzazione forsennata che ha garantito migliaia di salari ma ha preteso in cambio la salute dei cittadini, compromessa in maniera permanente.

Taranto dunque è il teatro dello scontro titanico tra due diritti fondamentali dell’individuo e tentare di assumere una posizione netta all’interno della diatriba risulta complicato per chiunque. Cosa è più giusto? Cosa sceglierebbe ciascuno di noi?

Lavoro contro salute, industria contro ambiente. I meccanismi che la legislazione europea e nazionale hanno disciplinato per integrare le due componenti non sono stati adottati e come conseguenza esse non sono  in grado di coesistere. La frattura tra di loro è divenuta insanabile ma l’attività industriale (e dunque l’apparato economico che essa sorregge) deve necessariamente inserirsi nel quadro ambientale tutelando lo stesso e la salute dei cittadini. Altrimenti ci troveremo sempre e comunque di fronte ad un dilemma senza soluzioni.

Le tecniche e le tecnologie in grado di garantire lo sviluppo sostenibile esistono ma cozzano con i tentativi di conseguire  un ingiusto profitto ed è per questo che si giunge a situazioni paradossali come quella tarantina, in cui un individuo è costretto a scegliere tra un lavoro che permetta di sopravvivere e la sicurezza per se stesso e per i propri cari.

Nel panorama “moderno” il divario tra industria e ambiente, tra salute e lavoro, non può e non deve sussistere. Disponiamo dei mezzi per evitare tutto questo, quello che manca è una mentalità giusta, in cui degli ambiti apparentemente distanti vengano inquadrati in un’ottica d’insieme. Se così non fosse non avrebbe senso parlare di futuro, con o senza lavoro: in entrambi i casi l’essere umano ne uscirebbe fuori nuovamente sconfitto.

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PiccolaIena

2 Commenti

  1. loscemodelvillaggio
    loscemodelvillaggio

    Sicuramente viene prima la salute.Su questo non si può discutere,anche se la disoccupazione è una delle più gravi piaghe.Ma il mostro inquinante non avrebbe mai dovuto aprire se non a norma.I posti di lavoro a rischio sono una conseguenza drammatica,ma non è il fatto più grave.La scelleratezza della corsa alla ricchezza è la causa e il fatto più grave.
    Se in Italia,e non solo,non si cambia registro di queste situazioni ce ne saranno sempre e non basterà chiudere una fabbrica.

  2. Ottimo articolo, ne far

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