Non basta ricordare il sacrificio del giudice Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, se si vogliono onorare veramente e fino in fondo questi grandi uomini, bisogna, prima di tutto, che loro idee continuino a camminare sulle nostre gambe, bisogna chiedere a gran voce e senza alcun compresso che venga chiarito in maniera oggettiva e definitiva quello che è successo nel 1992 in Italia e bisogna che tutti prendano coscienza che queste stragi e la mafia, in qualunque parte d’Italia, ci troviamo non riguardano il passato ma fanno parte del nostro presente.
Si conoscono gli esecutori materiali dell’attentato che furono almeno cinque uomini, tra cui Pietro Rampulla che confezionò e posizionò l’esplosivo e Giovanni Brusca, che fu la persona che fisicamente azionò il telecomando al momento del passaggio dell’auto blindata del magistrato, ma quello manca a venti anni dalla strage è la conoscenza dei mandanti di questo eccidio ed è vergognoso. Finisce sempre cosi in Italia, si conoscono gli esecutori ma mai i mandanti.Il giudice Falcone è stato il primo uomo a mettere davvero paura alla mafia e insieme al suo pool è riuscito per la prima volta a mandare in prigione e all’ergastolo tutta la Cosa Nostra che contava. Per questo è stato ucciso, la Mafia doveva far pagare a quei due giudici ficcanaso le sentenze definitive del Maxi Processo.Ma la cosa che più mi fa arrabbiare ed è inaccettabile è che quest’uomo in tutta la sua vita professionale è sempre stato lasciato solo dallo Stato, ed è stato osannato e celebrato solo dopo la sua morte. Non l’ha ucciso solo la Mafia, l hanno ucciso le denigrazioni,le accuse infondate ma soprattutto l’ISOLAMENTO pubblico e istituzionale. Insomma come riassume Ilda Boccassini: Non c’è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Falcone: bocciato come consigliere istruttore, bocciato come procuratore di Palermo, bocciato come candidato al CSM e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia se non fosse stato ucciso. Eppure ogni anno si celebra l’esistenza di Giovanni come fosse stata premiata da pubblici riconoscimenti o apprezzata nella sua eccellenza. Un altro paradosso. Non c’è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità.
L’uomo che ha provato a cambiare Palermo e l’Italia, ha vissuto per un assurdo gioco del destino sempre da prigioniero, insieme ai suoi angeli però, gli uomini della scorta, di cui sempre troppo poco si parla. Ci volle il tritolo e ce ne volle così tanto da creare un piccolo terremoto, per fermarlo. Tutti dicevano di lui da anni che fosse “un morto che cammina”, perché la mafia da tempo l’aveva condannato e lui lo sapeva benissimo e decise di non avere figli, “per non lasciarli orfani”. Ma non si fermò continuò sempre la sua corsa verso la giustizia e verso la libertà, facendo cose che tutti gli altri non sapevano o non osavano fare.
Paradossalmente l’isolamento inizia dopo la grande vittoria del maxi processo, nel cuore di Palermo scendono in piazza gli edili legati alla mafia che urlano contro i giudici e innalzano cartelli: “Viva La Mafia, Viva Ciancimino”. Da quel momento in poi, La Sicilia e l’Italia passo dopo passo arretrano e Cosa Nostra riprende sempre di più in mano la situazione.C’è una lettera che ci fa capire perfettamente il “clima” nella città di Palermo, è la lettera della signora Patrizia Santoro inviata al Giornale di Sicilia:
“Regolarmente tutti i giorni (non c’è sabato o domenica che tenga), al mattino, nel primissimo pomeriggio e alla sera (senza limiti di orario) vengo letteralmente assillata da continue e assordanti sirene di auto della polizia che scortano i vari giudici. Ora, mi domando, è mai possibile che non si possa riposare un poco nell’intervallo del lavoro e, quanto meno, seguire un programma televisivo in pace, dato che, pure con le finestre chiuse, il rumore delle sirene è molto forte? Non è che questi “egregi signori” potrebbero essere piazzati tutti insieme in villette alla periferia della città, in modo tale che sia tutelata la tranquillità di noi cittadini-lavoratori e l’incolumità di noi tutti, che nel caso di un attentato siamo regolarmente coinvolti senza ragione (vedi strage Chinnici)?
Il comportamento della signora assolutamente ingiustificabile è quello che bene o male la maggioranza delle persone in ogni parte d’Italia ha: si pensa che la lotta alla mafia sia esclusiva di qualcuno e non riguarda tutta la comunità, si crede che lo lotta al malaffare sia qualcosa che non ci riguarda, basta farci i fatti nostri. é qui invece che c’è l’errore, se si vuole veramente onorare la memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di tutti gli altri morti ammazzati dalla mafia dobbiamo sempre avere in mente il loro comportamento, la loro moralità e dobbiamo mantenerla nella vita quotidiana di ogni giorno. Indigniamoci e protestiamo quando sentiamo in tv e sui giornali proposte di legge che vogliono eliminare il concorso esterno in associazione mafiosa, quando tutte le proposte di Falcone sulla tutela dei pentiti vengono abolite e ricordiamo queste cose quando decidiamo per chi e cosa votare. Non ci si può ricordare della mafia solamente nei giorni degli anniversari o nei giorni degli attentati, purtroppo, le mafie fanno parte della nostra quotidianità e per questo vanno combattute ogni giorno e l’esempio degli “eroi” va ricordato continuamente, solo cosi possiamo pensare di vincere questa guerra. Io continuerò nel mio piccolo e con le mie possibilità su questo portale.
La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione. Giovanni Falcone
Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.
Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c’è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: “voglio abbandonare la politica e la vita”.
Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa: se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. Suicidio.
Come l’anarchico Pinelli che vola dalle finestre della questura di Milano oppure come l’editore Feltrinelli che salta in aria sui tralicci dell’Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell’onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia, ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato. Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino.
Domani ci saranno i funerali. Voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia. E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente.
— dal film “I cento passi” —
Da qualche parte ho letto che i giovani non dovrebbero avere come scopo prevalente della loro vita, il successo. L’uomo di successo, di regola è quello che riceve moltissimo dal prossimo, in genere molto più del servizio da lui prestato agli altri. Il valore di un uomo, invece, andrebbe valutato in ciò che da, e non in ciò che ha o in ciò che riesce a farsi dare.
Oggi, a 20 anni dalla tragedia, ricordiamo Uomini che hanno dato al Paese e a tutti noi, infinitamente più di quello che hanno ricevuto e che era giusto ricevessero quando erano in vita…eppure oggi sembrano essere diventati tutti AMICI del giudice Falcone, di sua moglie Francesca e degli uomini della scorta Antonio, Rocco e Vito.
I fatti ci dicono che Giovanni Falcone ed i suoi collaboratori non erano ben visti e non solo dai cosidetti mafiosi. Non piacevano alla grande maggioranza dei politici di allora, non piacevano ad una parte della magistratura, non piacevano agli uomini che gestivano il “potere”, non piacevano a diversi giornalisti, non piacevano ad una parte della popolazione italiana (non solo della Sicilia e di Palermo in particolare), non piacevano a certi cardinali e uomini della Chiesa: a dimostrazione del fatto che in questo Paese, la “mentalità mafiosa” è un modo di pensare e comportarsi che va molto al di la degli appartenenti a Cosa Nostra o alle altre organizzazioni criminali.
Grazie Kryptonite e complimenti per l’articolo.
Quello che lascia allibiti è che dietro la strage di Capaci,così come per il vigliacco attentato di Brindisi,ci sono persone ‘preparate’,ingegneri,gente che ha studiato.Far saltare in aria un’autostrada non è roba da incolti o da gente che chiede il pizzo ai salumieri.
A Brindisi l’ordigno nascosto nel cassonetto aveva un sensore volumetrico(l’esplosione delle bombole di gas nel cassonetto sarebbe stata attivata dal passaggio di una persona nell’arco di pochi metri).Non si sa se sia stata la mafia del posto ma sta di fatto che questa è gente pericolosa proprio perchè ‘colta’ in certe materie.
QUI, IN ITALIA, LA CORRUZIONE E LA MAFIA SEMBRANO ESSERE COSTITUTIVE DEL POTERE, A PARTE POCHE ECCEZIONI (LA COSTITUENTE, MANI PULITE, IL MAXIPROCESSO A COSA NOSTRA). RICORDATE IL PRINCIPE DI MACHIAVELLI? IN POLITICA QUALSIASI MEZZO E’ LECITO. C’E’ UN BRACCIO ARMATO (ANCHE LE STRAGI SONO UTILI ALLA POLITICA DEL PRINCIPE), CI SONO I VOLTI IMPRESENTABILI DI RIINA, PROVENZANO, LO PICCOLO E POI C’E’ LA BORGHESIA MAFIOSA E PRESENTABILE CHE FREQUENTA I SALOTTI BUONI E RIESCE A PIAZZARE I SUOI UOMINI IN PARLAMENTO. MA IL POTERE E’ LO STESSO, LA MANO E’ LA STESSA.”
Dal libro che ha citato anche Mirco nell’articolo L’Oscenità del Potere: Il ritorno del Principe.
Un articolo del gennaio 1992 su Repubblica scritto da Sandro Viola. Parla di Giovanni Falcone…e ne parla molto male. Un’altra dimostrazione che da vivo non aveva così tanti amici.
http://www.fanpage.it/ed-eccolo-quell-articolo-su-repubblica-contro-giovanni-falcone/