Il 14 febbraio di nove anni fa, in una fredda e desolata stanza di albergo di Rimini, ci ha lasciato Marco Pantani: uno degli sportivi più amati di sempre dagli italiani. Era impossibile non tifare per lui, perché ” Il Pirata” quando scattava riusciva a far sognare. Impossibile dimenticare lo scatto sul Galibier nel 1998 che ha messo a tappetto Jan Ulrich aprendo, così, la strada verso la vittoria del Tour. Impossibile dimenticare la bandana o il cappellino buttati al vento prima di ogni attacco.
La differenza fra lui e gli altri ciclisti è semplicemente questa: lui riusciva ad emozionare, correva per il suo pubblico e i tifosi per questo lo osannavano. Pantani sta al ciclismo come Baggio sta al calcio, sono atleti che oltre alle doti fisiche/tecniche sono riusciti a imprimere un marchio indelebile nella mente e nel cuore degli appassionati. Tutti restavano attaccati alle poltrone aspettando lo scatto decisivo e quando questo avveniva si restava a bocca aperta guardando quel piccolo grande uomo volare sulle cime dolomitiche e pirenaiche.
Marco, per sua stessa ammissione, è iniziato a morire il 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio: « Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile. » Pantani fu escluso poiché il tasso di ematocrito del suo sangue era del 52% mentre il limite fissato è del 50%. Nessuna traccia di doping. Nessuna traccia di Epo. Le Procure, ma soprattutto i giornali che fino a due giorni prima lo trattavano come un eroe, iniziano a sparare a zero contro di lui. Anche buona parte dei ciclisti, invidiosi della sua popolarità e della sua classe, gli voltano le spalle. Da quel momento in poi, inizia tutta un’altra storia fatta di sofferenza e depressione. A questo punto il Pirata imbocca la strada che mai nessuno dovrebbe prendere che lo porterà ad entrare nel tunnel della cocaina dal quale non riuscirà più ad uscire.
Il più grande scalatore di tutti i tempi, a mio modesto avviso, ci regalerà sprazzi di grande classe come nel Giro del 2000, dove risulterà fondamentale per la vittoria del compagno di squadra Garzelli, ma sopratutto nel Tour del 2001 dove vince sul Mont Ventoux e a Courchevel staccando anche Lance Armstrong.
Ci manchi Pirata, ma la tua assenza si nota troppo anche in quello che era il tuo mondo sempre più tramortito dalle continue inchieste. Nelle tue parole e nelle tue lettere si intraveda l’amara realtà che sta venendo a galla solo ora. Armstrong travolto dallo scandalo di doping più grande della storia, l’ombra di Fuentes che si allunga su un altro mostro sacro del ciclismo, Mario Cipollini. Le dichiarazione di Erik Dekker e di Rasmussen. La frase fatta “Tanto si dopano tutti” sta diventando certezza almeno per i big delle due ruote. Ma chi ha pagato veramente per tutto questo? C’è un nome e c’è un cognome. Anzi, purtroppo c’era un grande campione che adesso non c’è più: Marco Pantani che ha perso il bene più grande, la sua vita.
Libri Consigliati: Un uomo in fuga di Manuela Ronchi.
p.s Buona visione
Un mito indimenticabile.
Cremonini cantava “da quando Baggio non gioca più non è più domenica”.In parte è vero, ma c’è ancora qualche grande calciatore.
Senza Pantani invece non è più ciclismo.
Per me rimane la sua grande impresa al santuario di Oropa, Giro 1999.