“I’m not here”, presentato in anteprima con il video All The Roads You See, è il nuovo album della band ciociaria dei Wilderness, uscito lo scorso gennaio e degno seguito di “Light After the First Dive”, ormai datato 2017.
Nuove sonorità e accordi si districano nelle leggiadre melodie, a volte malinconicamente cupe a volte più solari del quartetto capeggiato dal vocalist e chitarrista Emanuele Tanzi, dal chitarrista Dimitri Petrucci, dal bassista Gianluigi Rocchi e dal batterista Maurizio Tomaselli.
Di strada i Wilderness ne hanno fatta, sin dal 2014 e da quando sul nostro portale li intervistammo, fino all’ingresso nella formazione attuale di Petrucci e Tomaselli.
Nelle nuove undici canzoni traspaiono tutti i loro riferimenti musicali, tra i più spiccati Slowdive, The War on Drugs, Mogwai, Yo la Tengo, XX, The National, Radiohead etc., che ne esaltano la loro propensione più indie, alternative rock, undergound, lo-fi, post-rock e elettronica.
Un ambito quello della scena musicale frusinate sempre vivo e pronto a recepire quei suoni e frequenze più alternative di quelle band che sapientemente e meravigliosamente reclamano il loro giusto spazio, e sicuramente tra di loro ci sono i Wilderness, aspettando che al più breve calchino i palchi della nostra provincia e di tutta Italia con i loro live.
Dopo svariati ascolti la loro musica ti pervade, c’è bisogno di quell’assimilazione, che anche loro hanno maturato in questi anni, un album non immediato come “Light After the First Dive” , ma più intenso, giocato sulle esperienze di tutti i giorni, dove è evidente il loro essere usciti da quella stanza bianca (rim. White Room), di essersi immersi in quel mondo che disperatamente loro e noi cerchiamo di afferrare, concepire, rendere nostro, come tutte quelle strade da vedere, da intraprendere (rim. All the roads you see).
Quei sogni, quelle visioni di tutti i giorni, vengono celati nelle prime tre tracce dell’album, filo continuo di LAtFD e poi svelati prepotentemente con la inebriante Haiku. Le immagini, i suoni, il vibrare della chitarra, la voce che ci guida, lo scandire dei passi della batteria, lo scintillio del basso, ci trasportano verso un luogo altro, sognato. Sogni ad occhi aperti, che mano a mano ci vengono svelati, dove le ombre si dissolvono e resta un mondo nuovo, incontaminato da scoprire.
Con For When You Run, The Sea is My Brother e Red Ocean i Wilderness ci fanno immergere nella loro potenza musicale, accordi, voci sussurrate, accompagnano nel loro proseguirsi questa esperienza musicale.
Veniamo trasportati con sonorità anni ’80 con la sinuosa October (un fragoroso omaggio agli U2), in quei fantastici luoghi, con malinconia, ma piacevolmente sorprendente, e nel discendere in quei meandri con Copenaghen e Youth #2 veniamo colpiti e completamenti persi in quelle atmosfere con la canzone che forse più di tutte è la loro più intima: Bon Voyage Banana.
I Wilderness con la loro freschezza e naturalezza ci regalano questa perla, da scoprire piano piano, ma che una volta disvelata non ci lascerà di certo indifferenti.
Weird Boys Don’t Go to Sleep
Uncle Frank is back and is hungry
Then, wild eyes in town, Vampire don’t likes the Spring
Summer is coming and we are free
Love is for two weeks, drug are for the freaks
Uncle Frank is back and is hungry
Then, wild eyes in town, Vampire don’t likes the Spring
Best time is coming and we are all free
Love is for weaks, drug are for the freaks
RIT.
I’m drunk and I’m free
A bit unware, maybe I’m not here
And lie to want leave this trip ah ah
For last time or another day
Take this drug, maybe I’m not here
CORO
Boys drink in the new square
Girls come near the flames
Uncle Frank is bac and is hungry
wild eyes in town, Vampire dont likes the Spring
Summer is coming and we are free
Love is for two weeks, drugs are for the freaks
I’m drunk and I’m free
A bit unware, maybe I’m not here
And lie to want leave this trip ah ah
For last time or another day
Can you try? maybe I’m not here
And lie to want leave this trip ah ah
For last time or another day
Take this drug, maybe I’m not here