Ci sono momenti in cui la storia percorre tornanti decisivi, poi difficilmente tornerà come prima. A volte, quei precisi istanti, vengono immortalati e divengono memoria collettiva. Restano stampanti nella mente delle persone e trovano un posto speciale nell’animo di ognuno di noi.
Spesso la cornice è un evento sportivo e probabilmente anche questo ci aiuta a rendere il tutto ancora più magico. Quei fotogrammi, quei brevi istanti così sono divenuti storia. Una foto, la storia e lo sport: di tanto in tanto questa nuova rubrica ci accompagnerà sulle pagine de L’indifferenziato.
Olimpiadi di Città del Messico, 1968. Il podio più famoso della storia è così composto: Tommie Smith, Peter Norman, John Carlos. Un gesto di protesta che scuote la coscienza civile del Mondo, un pugno in faccia al razzismo e alle vessazioni. Il riscatto dei neri parte anche da lì, da quella che è stata ritenuta da tutti una delle scene più significative del secolo scorso.
Facciamo un passo indietro e vediamo da dove nasce quel gesto.
Siamo nel 1968 e credo non serve aggiungere alto. Sei mesi prima della competizione vengono uccisi Martin Luter King e Robert Kennedy. L’American Dream era affogato nel sangue e nelle pallottole.
A questo punto si deve inserire un personaggio chiave della nostra vicenda: il Dottor Harry Edwars, sociologo alla San Jose State University. Nel 1967 il professore e alcuni studiosi avevano dato vita all’Ophr “Olympic Project for Human Rights, con il fine di organizzare un boicottaggio delle olimpiadi che si sarebbero tenute l’anno seguente a Città del Messico. Gli atleti di colore erano stufi di essere considerati eroi per un giorno e schiavi, nei campi di cotone, per l’intera esistenza. Proprio da quei campi enormi ed assolati, pieni di sangue e di sudore, inizia la “corsa” di Smith. Carlos invece era nato ad Harlem, il ghetto nero di New Jork, dove fin da bambino lavorava in un negozio di lustrascarpe.
Il boicottaggio non riesce, ma i neri d’ America non ci stanno a far passare tutto nell’ anonimato. La situazione già incandescente peggiora ulteriormente a causa della repressione della manifestazione degli studenti in Piazza delle tre Culture. È l’ennesimo corteo finito nel sangue.
Ed eccoci, dunque, arrivati alla gara e a quei minuti che sono entrati nella leggenda. Il risultato della finale dei 200 mt, recita: medaglia d’oro a Tommie Smith, argento a Peter Norman, bronzo per Carlos. È bene sottolineare che in questa gara il campione americano realizza anche il record del mondo: è il primo uomo a scendere sotto i 20 secondi nella gara dei 200 mt. Fin qui, ha scritto una pagina importante dell’Atletica e delle Olimpiadi.
Negli spogliatoi prima della premiazione, i due atleti stanno preparando la loro protesta dura ma non violenta, proprio come avrebbe voluto il dottor King. Si avvicina, anche Norman e decide di partecipare: avrà una spilla dell’Ophr sul petto. A questo punto la protesta è davvero completa.
Su suggerimento dell’australiano si dividono i guanti neri e li indossano: Smith alza il pugno destro che rappresenta la forza dell’America Nera. Quello sinistro alzato da Carlos, simboleggia la sua unità. Non indossano le scarpe, i piedi sono coperti soltanto da calzini neri. Questo gesto rappresenta la povertà che da sempre caratterizzava il loro popolo. La testa non guarda l’orizzonte e non è fiera, è piegata e rivolta verso il basso, in segno di rispetto verso tutti i morti nei campi di lavoro. L’ultimo particolare simbolico da molti dimenticato, ma estremamente importante, è il ramoscello d’ulivo nelle mani di Smith.
15 secondi, poco più di un attimo, sono stati capaci di riscattare l’orgoglio di un popolo. L’obiettivo del Professor Edwards è raggiunto: tutto il mondo sa ed è focalizzato in quel preciso istante sull’apartheid americana.
Se la foto è conosciuta, quasi nessuno sa cosa sia successo dopo. Norman subisce una durissima reazione della federazione australiana. Smith e Carlos vengono cacciati dalla squadra americana e dal villaggio olimpico. Il Ku Klux Klan invierà loro sterco e saranno continuamente minacciati di morte. La loro carriera nell’atletica finisce con quella finale. La moglie di Carlos si suiciderà: saranno anni difficilissimi. Solo molto tempo dopo si si rivedranno tutti e tre.
Cosa fanno adesso i protagonisti della nostra foto? Carlos, insegna, atletica in un università americana, Smith, invece, ha seguito le orme del suo “maestro”: insegna sociologia. Norman, invece, è morto a 64 anni. Come omaggio “al loro fratello adottivo” Smith e Carlos hanno accompagnato la sua bara. Dal 2006 alla San Jose University è stata eretta una statua che raffigura il podio della finale di Città del Messico.
Questo è sicuramente il pugno più forte che qualcuno abbia mai dato alla storia.
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