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Omaggio a Bruce Springsteen “The BOSS”. L’inizio…

Bruce Springsteen è uno dei musicisti più amati al mondo e l’Italia non fa eccezione, ma è un musicista d’un tipo particolare: perché è prima di tutto uno storyteller, un “raccontatore di storie”. Ogni sua canzone racconta la vita, o l’episodio decisivo della vita, di un ragazzo, di una donna, di una coppia, di un padre e un figlio; ogni sua canzone racconta un angolo degli Stati Uniti d’America, una strada, un deserto, un paese, una città. Tutto ebbe inizio quando, in un giorno qualsiasi, nel mezzo di una strada di Freehold, New Jersey, una donna italiana e il suo esile bambino  stanno per fare un gran regalo a loro stessi, al loro paese e al mondo intero. Hanno raccolto sessanta dollari, alcuni li ha messi insieme lui, risparmiando su qualche Sundae, il gelato della domenica, altri, la gran parte, li ha portati lei, che crede davvero in ciò che sta facendo. Anche perché con tutti quei soldi c’è chi farebbe di meglio che comprare una chitarra Kent.

Bruce Springsteen

Davanti alla vetrina del Freehold Music Center, che contiene anche batterie, flauti economici in bachelite, Adele Zirilli e il suo Bruce Frederick si godono quel momento di incoscienza. Ma quando quella chitarra barely tunable (“quasi impossibile da accordare” ricorderà Bruce in un’ intervista del 1988) varca la porta del numero 87 di Randolph Street la vita della famiglia Springsteen prende un’altra piega.

”Quando ero ragazzino le due cose meno popolari nella mia casa eravamo io e la mia chitarra”

Minuto e introverso, Bruce che trascorre le giornate a farsi trattare male dalle suore della scuola, ha da poco capito cosa farà per sconfiggere la malinconia e per inseguire la sua identità: farà quello che una sera ha visto fare a Elvis Presley in televisione, all’”Ed Sullivan Show”. ”A quei tempi ero perso nel nulla, ero tagliato fuori, la mia esistenza poteva definirsi miserabile” racconterà Bruce vent’anni dopo. “Non avevo molta scelta quello era il mio posto, quella la mia condizione. Potevo correre certo, ma poi accadeva sempre qualcosa che mi portava indietro. Era terribile. In piu’ odiavo la scuola, di un’odio davvero grande”. Nel 1984 dall’album Born In The U.S.A in un verso di una canzone “No Surrender” dirà: Ce ne siamo andati dalla classe dovevamo allontanarci da quelli stupidi. Abbiamo imparato più da un disco di tre minuti che da tutto quello che abbiamo studiato a scuola!”

Le suore mi chiudevano nel convento accanto alla classe ogni volta che volevano punirmi. Cosi l’attesa di mia madre che tornava a prendermi coincideva con quel terribile puzzo di religione, quel nauseabondo odore di convento che mi faceva star male fino al vomito. Dopo Institute street, la nuova casa di famiglia si sposta al 68 di South Street. Diventa quello il luogo dove Bruce coltiva l’ossessione per il Rock and roll attraverso la radio e un’altra chitarra. Una ”Maledetta” chitarra naturalmente come “maledetto” per papà Douglas era l’impianto stereo, e come”maledetti” erano i dischi che vi giravano sopra. “C’era una grata accanto al mio letto” ha detto Bruce a un intervistatore, “una di quelle che si suppone lascino passare il caldo, solo che non era collegata a nessun condotto di riscaldamento; dava direttamente sulla cucina e sotto, proprio li sotto, c’era una stufa a gas. Quando cominciavo a suonare, mio padre apriva i tubi di scarico in modo da costringermi ad uscire dalla stanza per il troppo fumo. Cosi io dovevo cercare riparo sul tetto. Alcune notti d’estate mettevo il materasso su quel tetto e dormivo lì. La maledetta radio, ora che Bruce sta imparando a copiarne i suoni trasmette canzoni da benedire, perché passa Eddie Cochran e Gene Vincent, i Beatles e gli Who, poi i Therm con Van Morrison che canta gloria e gli Animals di Eric Burdon. Qui inizia la vera passione e ossessione al Rock per questo ragazzino alle prime armi, ma con un talento nascosto…

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Pietro Tasciotti

un Commento

  1. Giornale interessante 🙂 finalmente qualcosa ke mi attira.. *___* e poi Bruce Springsteen mi piace <3

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