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LIB(e)RO PENSIERO n.9 – Conosci te stesso?

<< Troppo volentieri l’uomo si vede ancora centro dell’universo, qualcosa di non appartenente al resto della natura, un essere essenzialmente diverso e superiore. Persistere in questo errore è per molti uomini un bisogno, restano sordi al più intelligente dei precetti che mai saggio abbia dato loro, il “conosci te stesso” detto da Chilone ma generalmente attribuito a Socrate.
Conosci te stessoChe cosa impedisce agli uomini di obbedirgli?
Si tratta di tre ostacoli che traboccano di emozioni.
Il primo può rimuoversi facilmente in ogni persona avveduta; il secondo, nonostante che i suoi effetti siano così dannosi, è tuttavia rispettabile; il terzo è filogeneticamente comprensibile e quindi scusabile ma terribilmente difficile da estirpare.
Tutti e tre sono indissolubilmente legati e intessuti con una delle più pericolose qualità umane, la superbia, della quale la saggezza popolare dice che quando galoppa, la vergogna siede in groppa. […]
Il primo ostacolo è il più primitivo e impedisce all’uomo la conoscenza di se stesso, vietandogli la comprensione del proprio divenire storico. La sua qualità irrazionale e la sua testardaggine derivano paradossalmente dal fatto che i nostri parenti più prossimi somigliano moltissimo all’uomo. Se gli uomini non conoscessero lo scimpanzè sarebbe più facile convincerli della loro discendenza. Le inesorabili leggi della percezione delle forme, ci impediscono di vedere nella scimmia e in particolare nello scimpanzè, un animale come gli altri e ci obbligano a scorgere nella sua faccia il volto umano. […] E’ irresistibilmente ridicolo e in più così comune, così volgare e repellente come può esserlo altrimenti soltanto un uomo caduto molto in basso.
Per quanto ridicola sia di per sè questa reazione di ripulsa dell’uomo verso lo scimpanzè, il suo forte contenuto emozionale ha indotto numerosi scienziati a costruire teorie assolutamente insostenibili intorno all’origine dell’uomo. La sua discendenza dagli animali non viene proprio negata, ma la sua prossima parentela con i repulsivi scimpanzè, viene o saltata con alcune capriole logiche o elusa con dei sofismi.
Lo scimpanzè però è irresistibilmente buffo proprio perché ci somiglia tanto. […]
Il secondo ostacolo dell’autoconoscenza è l’avversione irrazionale a riconoscere che quel che facciamo o non facciamo sia soggetto alle leggi della causalità.
Quella sensazione pesante del sentirsi incatenati che richiama la claustrofobia e che assale molti uomini quando devono ammettere la generica determinazione causale dei fenomeni naturali, comportamento umano incluso, è certamente da mettersi in relazione col loro giustificato bisogno di saper libera la propria volontà e col loro ugualmente giustificato desiderio di far derivare le proprie azioni, non da cause fortuite ma da scopi elevati.
Il terzo grande ostacolo all’autoconoscenza umana è, almeno nelle nostre culture occidentali, un’eredità della filosofia idealistica.
Sorge dalla bipartizione del mondo, nel mondo esterno delle cose, che per principio è senza valore per il pensiero idealistico, e nel mondo interno del pensiero umano e della ragione, a cui soltanto vengono riconosciuti valori. Questa bipartizione è cara alla superbia spirituale dell’uomo e sostiene in maniera gradita, la sua avversione ad accettare che il suo comportamento sia determinato da cause naturali. […] Lorenz mamma ocaBisogna rendersi conto di quanto sia diventato corrente nel nostro modo di pensare occidentale, considerare senza valore tutto ciò che possa venir spiegato dalle leggi della natura.
Per questo modo di pensare una spiegazione equivale ad una svalutazione.
[…] La minaccia che pesa sull’umanità attuale non è tanto la sua potenza nel governare fenomeni naturali, quanto la sua impotenza nel dirigere ragionevolmente processi sociali. La mancanza di comprensione causale, a cui spetta la colpa di questa impotenza, è però l’immediata conseguenza dei tre superbi ostacoli della autoconoscenza.
Essi impediscono infatti solo l’indagine di quei processi della vita umana che sembrano agli uomini di particolare valore, in altre parole di quelli di cui vanno fieri. […] Se l’umanità è impotente di fronte al patologico disfacimento della sua struttura sociale, e se con le armi atomiche in mano, non sa controllare il suo comportamento aggressivo per niente più ragionevolmente di una qualsiasi specie animale, questo dipende in massima parte dal fatto che essa sopravvaluta superbamente il suo comportamento e che per conseguenza lo isola dagli avvenimenti naturali considerati indagabili.
Non è colpa della scienza se gli uomini mancano di autocomprensione.
Giordano Bruno è stato bruciato perché diceva che gli uomini sono, insieme al loro pianeta, solo un granello di polvere in una nuvola di innumerevoli altri granelli di polvere. Quando Charles Darwin scoprì che gli uomini discendono dagli animali, lo avrebbero molto volentieri tolto di mezzo; certo non sono mancati i tentativi di ridurlo almeno al silenzio. Quando Sigmund Freud tentò di analizzare i motivi del comportamento sociale umano e di renderne comprensibili le sue cause, […] fù accusato di mancanza di rispetto, materialismo cieco ai valori e persino di tendenze pornografiche.
L’umanità difende il concetto che ha di sè con tutti i mezzi ed è davvero molto opportuno cominciare a predicare l’humilitas e cercare seriamente di far saltare per aria tutti gli ostacoli che si oppongono superbi all’autoconoscenza.
[…] Credo di conoscere un semplice metodo per conciliare gli uomini con il fatto che anche loro sono una parte della natura e che si sono formati nel divenire naturale, senza contravvenire alle sue leggi: bisognerebbe solo mostrar loro quanto è grande e bello l’universo e quanto rispetto impongano le leggi che lo governano. Soprattutto ho molta fiducia nel fatto che nessuno che ne sappia abbastanza del filogenetico divenire del mondo organico, può avere resistenze interne verso la consapevolezza che anche lui stesso deve la sua esistenza a questo avvenimento naturale più meraviglioso di tutti.
Lorenz e gli animali[…] Chi abbia compreso questo interamente non può sentire alcun ribrezzo davanti all’affermazione di Darwin, che noi e gli animali siamo d’una stessa stirpe, e neppure davanti alla conclusione di Freud, che noi veniamo ancora spinti dagli stessi istinti dei nostri antenati preumani. Il sapiente sentirà piuttosto, un nuovo genere di riverenza davanti a ciò che possono compiere la ragione e la morale responsabile, che sono comparse sulla terra soltanto insieme all’uomo e che gli possono assai bene, sempre che egli non neghi con cieca superbia l’esistenza in lui dell’eredità animale, dare il potere di dominarla.
[…]
Il vero scienziato non ha bisogno dell’inconoscibile, del soprannaturale, per poter provar rispetto; c’è soltanto un miracolo per lui, ed è che tutto su questa terra, incluse le massime fioriture della vita, si sia formato senza miracoli nel senso convenzionale della parola.
Non si possono esprimere meglio i sentimenti che il naturalista sente per la grande unità delle leggi naturali che con le parole: “Due cose riempiono l’animo di sempre nuova e crescente ammirazione: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”. Ammirazione e rispetto non hanno impedito a Kant di trovare una spiegazione naturale per l’ordine del cielo stellato, e in particolare una derivata del suo divenire. Si sdegnerebbe, lui che non sapeva ancora del grande divenire del mondo degli organismi, se noi consideriamo anche la legge morale in noi non come qualcosa di dato a priori, ma come qualcosa che s’è formato nel divenire naturale, esattamente come le leggi del cielo? >>.
 

Konrad Lorenz (1963), L’aggressività, Il saggiatore, Milano 2008, pp. 281-286, 295.

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"Quando non si conosce la verità di una cosa, è bene che vi sia un errore comune che fissi la mente degli uomini. La malattia principale dell'uomo è la malattia inquieta delle cose che non può conoscere; e per lui è minor male essere nell'errore che in quella curiosità inutile".

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