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Verso il 25 Aprile: Tra due Fuochi. Esperienza e memoria della guerra lungo la Linea Gustav

Recensione del libro “Tra due fuochi-Esperienza e memoria della guerra lungo la linea Gustav” di  Aurelio Lepre sul Corriere della sera.

guerra lungo la linea gustav:le marocchinate

Non tutte le comunità riescono a elaborare una memoria collettiva degli avvenimenti storici che hanno vissuto, perché essa non è la somma dei ricordi individuali ma è opera di uno o più gruppi d’ intellettuali (nel senso gramsciano della parola) che si rendono interpreti dell’ intera comunità (o si arrogano il diritto di esserlo). E può avvenire che la memoria collettiva sia soltanto presunta, perché importata dall’ esterno e imposta alla comunità attraverso la scuola o i media. Per questi motivi è compito degli storici compiere un’ analisi critica di una «memoria», che, come rileva Giovanni Sabbatucci nella prefazione a un bel libro di un giovane studioso, Tommaso Baris (Tra due fuochi. Esperienza e memoria della guerra lungo la linea Gustav, Laterza, pp. 235, 22), «ha assunto un significato implicitamente positivo, quasi sacrale» e «troppo spesso è stata usata come sinonimo di “storia”, o meglio di “ricostruzione storica”». Concordo in pieno con Sabbatucci sul fatto che per lo storico non deve esistere una memoria al singolare da tramandare (per quanto sacra possa apparire), ma tante memorie da ricostruire, sia che appartengano ai vincitori sia che appartengano ai vinti, ai buoni o ai cattivi. Non è una cosa facile, a causa dell’ ideologizzazione della politica che ha portato spesso alla politicizzazione della storia (un peccato di cui un po’ tutti noi storici della vecchia generazione dobbiamo fare ammenda). Tommaso Baris è molto giovane e questa, forse, è una delle ragioni che rendono convincente la ricostruzione delle memorie attraverso le quali si è tramandato il ricordo della guerra nel Lazio meridionale, una zona attraversata dalla linea del fronte chiamata Gustav, e dove gli abitanti si trovarono, come dice il titolo, tra due fuochi, dei tedeschi e degli angloamericani. Oltre a quelle individuali, le comunità conservano una doppia memoria di quegli avvenimenti: da alcuni i tedeschi sono ricordati come assassini e razziatori, mentre altri ne conservano una memoria diversa, che può essere esemplificata con una frase detta da uno degli abitanti del luogo: «Io però tra l’ occupazione tedesca e quella inglese ricordo meglio l’ occupazione tedesca perché se un poveraccio chiedeva un pezzo di pane ai tedeschi quelli glielo davano, gli inglesi no». Baris analizza con finezza le motivazioni dei differenti giudizi che vengono pronunciati, senza preoccuparsi del «politicamente corretto» e senza forzare le interviste con domande che presuppongono già la risposta, come accade purtroppo talvolta agli studiosi che si servono soltanto della «storia orale». Baris invece la intreccia molto opportunamente con la documentazione trovata negli archivi. La scelta della zona da studiare ha portato Baris a ricostruire uno degli episodi più drammatici della guerra combattuta in Italia: gli stupri effettuati dai soldati marocchini che combattevano nell’ esercito francese. Alberto Moravia non si era fatto alcuno scrupolo nel raccontarlo nella Ciociara, ma gli storici si sono mostrati a questo riguardo stranamente timidi, forse proprio per la positività e la sacralità attribuite alla memoria. Ricordare quegli stupri potrebbe, infatti, sembrare razzista. Ma ricostruire le memorie non significa condividerle. Se le stragi del passato, da chiunque siano state compiute, verranno ancora ricordate per demonizzare e maledire, non si farà che gettare i semi di nuove, future stragi, in un terreno che appare ancora pronto ad accoglierli. Bisognerebbe partire da una frase detta da una donna del luogo: «Io aggio (ho) perdonato tutti. Non ce la tengo con nisciuno. Quanno vennono gli marocchi’ a bussà a casa per vendermi la robba gli compro pure quacchecosa. Ma quella di allora fuiette na cosa mai vista, quello che facettero alle donne…come le bestie…». Non dobbiamo assolutizzare il Male storico, ma riportarlo sempre ai tempi e ai luoghi in cui si è manifestato. Soltanto la sua storicizzazione può evitare che la memoria sia causa della perpetuazione dell’odio.

 

Qui il link con il regolamento del Concorso fotografico “Viva l’Italia che Resiste”: http://www.lindifferenziato.com/2016/04/04/25-aprile-concorso-fotografico-viva-litalia-resiste/

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Umberto Zimarri
..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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