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Adios, Paquito!

Paco de LucíaQuando si pronuncia la parola “tradizione”, di solito ne viene in mente subito un’altra: “conservazione”. Nulla di più sbagliato: tradizione viene dal latino “tradere”, che vuol dire “trasmettere, consegnare”; conservazione indica invece l’intento di proteggere qualcosa, più che di donarlo a qualcuno.

Paco De Lucìa è stato, senza alcuna ombra di dubbio, uno dei più grandi chitarristi di sempre e, pur venendo da una tradizione ben specifica (quella del flamenco), ha sempre curato la trasmissione delle sue radici senza alcuna foga di conservazione.
Non ha avuto paura a confrontarsi con musicisti jazz, pop o rock perché sapeva che in fondo il vero linguaggio universale è la musica, e i generi musicali al massimo sono dei suoi dialetti.
Ha capito, forse, che in musica la migliore tradizione è quella che passa nelle tempeste della contaminazione per uscirne ancora più forte: in questo senso, il flamenco con Paco De Lucìa è passato dallo status di codice racchiuso in una realtà locale alla dignità di una musica senza tempo e senza confini, perché egli ha avuto il coraggio di portarlo a spasso nelle altre tradizioni. E ogni volta l’ha fatto da maestro: chi gli suonava vicino si sentiva “travolto da un treno” (così disse il chitarrista olandese Jan Akkerman), battuto sul suo stesso campo; chi lo ascoltava riusciva a sentire il fuoco dentro ogni singola nota.
Anche chi vi scrive, che per inciso non è mai stato un amante del virtuosismo fine a se stesso, sentiva che dentro quelle scale infinite c’era molto di più dell’esibizione della propria bravura. Perché nel flamenco e nelle sue origini si ritrova sicuramente la “gara a chi è più bravo”, tanto che secondo alcuni etnomusicologi la stessa parola “flamenco” deriverebbe dalla fiammeggiante rivalità fra i ballerini; ma ben presto questa tradizione, grazie soprattutto a Paco de Lucìa, si è fatta sempre più universale, fino a farsi comprendere ed apprezzare in tutte le parti del mondo come se fosse un linguaggio semplice. Cosa non facile, per una musica che ai primi ascolti sembra soltanto una pioggia di note e ritmi che l’orecchio “melodico” (specie di noi italiani) fa fatica a comprendere.
Nella musica del Novecento, Paco De Lucìa è stato uno dei rari casi in cui il la figura del tradizionalista, dell’innovatore, del più bravo e del più importante si riuniscono in una sola persona.
Ed è proprio in quella persona che si riconosce un Genio.
Adios, Paquito!

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