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La campionessa si racconta: Alessia Trost

Terzo numero della nuova rubrica de “L’Indifferenziato” dedicata al mondo dello sport, Il campione si racconta. Con immenso piacere ospitiamo una campionessa con i fiocchi, Alessia Trost. Dopo Filippo Magnini e Matteo Aicardi, dunque, si esce dalla piscina e si entra nel campo d’atletica.

Alessia Trost è la speranza e la certezza dell’atletica italiana azzurra: il 7 marzo a Praga, si è laureata vice-campionessa europea di salto in alto. Nelle categorie giovanili ha praticamente vinto tutto quello che si poteva vincere. Per tutti da sempre è una predestinata. Lei, però, grazie all’immenso amore per il suo sport, ad una profonda determinazione e ad un’intelligenza non sempre comune tra gli enfant prodige, è rimasta sempre la stessa Alessia con la solita voglia di divertirsi praticando il salto in alto.

Studentessa di lingue presso l’Università di Udine, “perché  credo che ognuna di queste sia la rappresentazione di un mondo diverso“, interessata ai misteri e alla profondità dell’animo dell’uomo, la nostra ospite è la rappresentazione pratica di come si possano coniugare valori, cultura e risultati eccellenti. Certo ci vuole metodo, certo ci vuole costanza, certo bisogna praticare ed avere fiducia in quella cultura del lavoro e dei sacrifici che ti fa raggiungere certe “vette” ma che soprattutto forma la tua persona e il tuo essere.

Buona lettura

 

Alessia Trost

Partiamo dalla gara di sabato 7 marzo che l’ha vista vincere l’argento europeo. Qual è stato il momento più difficile della finale e quale, invece, il momento in cui ha capito che ce l’avrebbe fatta tornare a casa con una medaglia al collo?

Prendendomi il rischio di non centrare la domanda, Le rispondo che il momento più difficile della gara, in realtà, si è presentato durante la qualificazione, ovvero quando ho realizzato che avrei dovuto saltare 1,94 per entrare in finale. Un errore a 1.91m mi aveva fatto scivolare in nona posizione, quando in finale sarebbero state ammesse otto atlete: il salto in alto è una disciplina in cui le gare si vincono anche facendo meno errori degli altri e questo avrebbe potuto costarmi caro.

Domanda quasi obbligatoria dopo un grande risultato del genere. A chi vuole dedicare la vittoria? Cosa, invece, vuole dire ai tanti che ingiustamente l’hanno attaccata nel recente passato?

Ho dedicato la vittoria al mio allenatore, Gianfranco Chessa, un uomo di infinite pazienza e competenza, il quale in tempi passati mi ha insegnato anche ad andare oltre alle critiche di cui Lei parla. Ma non posso dimenticare le Fiamme Gialle e Nike senza i quali probabilmente non sarei arrivata a conquistare questi risultati e queste “altezze”. Nel corso del tempo ho imparato a fare di queste la più forte motivazione, l’atletica mi ha insegnato a non giudicare e a tollerare chi lo fa. Solo i giudizi di chi conosce veramente la mia storia possono farmi male. Molto male.

Durante la passata stagione agonistica ha avuto un momento di crisi. A cosa era dovuto, ma soprattutto come è riuscito a superarlo?

Nel 2014 ho subito l’infortunio più grave della mia carriera da atleta: rottura del legamento peroneo-astragalico, una piccola tragedia per un saltatore in alto. Su quella caviglia al momento dello stacco ricadono 70kg da trasformare in centimetri di elevazione, uno stress estremo che oggi sono in grado di sopportare di nuovo grazie a tre mesi di riabilitazione quotidiana. Giornate intere passate tra palestra, piscina, fisioterapia e pista, credendo nei valori dello sport, curando i dettagli e ascoltandomi, lavorando con delle persone meravigliose che si sono fatte carico delle mie paure e mi hanno riportato in pedana. È stato un periodo difficile soprattutto dal punto di vista mentale, non poter gareggiare, non avere un obiettivo immediato, non potersi muovete liberamente, non poter lavorare si sono rivelati più difficili del previsto. Ho voluto credere nello sport che insegna lo sport e dopo quattro mesi sono tornata in pedana più determinata di prima.

Lei è stata considerata da sempre una predestinata: a 19 anni già saltava due metri. Adesso e ancor di più dopo questa vittoria è la punta di diamante dell’atletica italiana. Quanto è stata forte la pressione delle aspettative? La nuova “posizione” al centro dei riflettori rappresenterà un ulteriore “peso” sulle sue spalle o sarà il pungolo per migliorare ancora di più?

Faccio atletica perché mi piace, perché è il mio lavoro e mi permette di crescere come persona, perché mi fa vivere milioni di esperienze e conoscere altrettante persone, perché quando andavo allo stadio da piccola mi divertivo e continuo a farlo, perché credo nello sport che motiva.

I tre campioni dello sport che l’hanno emozionata di più?

Mi coglie impreparata, adoro l’atmosfera dello stadio e non ho idoli sportivi. Detto questo l’impresa che più mi è rimasta nella testa è quella di Steve Hooker, un astista australiano che ha vinto i campionati mondiali con un bicipite strappato. Qualsiasi atleta si sarebbe ritirato, lui ha eseguito solamente i due salti che era in grado di portare a termine in quel momento: il primo a 5.85m (una misura d’ingresso in gara altissima) che sbaglia. Credetemi, sbagliare il primo salto della competizione fa tremare. Il secondo a 5.90m: fatto, campione del mondo. In media se ne fanno dieci o dodici, di salti.

L’atletica italiana vive un momento di grossa crisi. Quali azioni dovrebbe intraprendere la federazione per rilanciare il movimento?

In questo momento la federazione sta supportando alcuni progetti di collaborazione con le federazioni europee così come sostiene individualmente gli atleti che hanno definito un proprio percorso personale, Penso sia la strada giusta e spero che ben presto i risultati lo confermino. Oltre a ciò, credo che vada riscoperta l’attività sportiva di base, sostanzialmente l’educazione motoria scolastica.

Oltre i risultati sportivi ci sembra giusto sottolineare la sua iscrizione alla facoltà di lingue di Udine. Come riesce a conciliare gli impegni sportivi e universitari? Parlando alla studentessa Trost chiediamo perché ha scelto di studiare lingue e qual è il suo autore preferito.

Ho deciso di studiare lingue perché credo che ognuna di queste sia la rappresentazione di un mondo diverso, perché parlare un’altra lingua per me significa essere una persona diversa e in molti casi più spigliata rispetto a quella che parla italiano, che invece è estremamente riservata. Mi piace scoprire il nuovo e raramente leggo due libri di uno stesso autore, mi piacciono le lingue e la loro struttura, tra le gare preferisco studiare linguistica piuttosto che letteratura. Ma quanto è interessante l’animo dell’uomo.

Recentemente alla Gazzetta dello Sport  ha dichiarato: L’atletica è e deve restare divertimento: una professione, ma anche uno strumento sociale”. “Noi atleti di vertice veicoliamo messaggi, l’attività sarebbe fine a se stessa se così non fosse. Oltre che per i risultati, Per cosa vorrebbe essere ricordata Alessia Trost? Quali messaggi sociali vorrebbe divulgare grazie alle sue vittorie?

Credo nello sport come forza motrice, non voglio farmi portatrice forzata di messaggi sociali, non sarebbe nelle mie corde e penso sia totalmente privo di umiltà, ma ho profonda fiducia nel lavoro e nella ricompensa, nella determinazione, nella possibilità di superare le difficoltà, nelle opportunità e nella fatica. Se penso ad uno sportivo mi viene in mente una figura che si trova esposta nel momento in cui raccoglie i frutti del proprio lavoro, non a causa del suo aspetto o delle propria vita privata. Credo sia questo il ruolo di un atleta nella società, ovvero quello di permettere ai bambini di sognare e credere nella possibilità di realizzare i propri sogni attraverso l’impegno.

Mi piacerebbe conoscere la sua opinione e il suo commento su queste frasi di personaggi celebri:

“La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni.
(Rafael Nadal)

Ti sei allenato quattro anni per una gara, devi saper mantenere alta la concentrazione. Gareggi e viaggi da due mesi, sei esausto e devi tirare fuori le ultime energie. Ti sei infortunato, devi tornare più forte di prima. Devi reggere la pressione.

C’è un circolo virtuoso nello sport: più ti diverti più ti alleni; più ti alleni più migliori; più migliori più ti diverti. (Pancho Gonzales)

È vero, è adrenalina, è droga. Vuoi rivivere quella sensazione.

L’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all’uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile. (Giuseppe Tornatore)

Cerco la perfezione in un gesto atletico e questa si tradurrebbe in bellezza. Ma non posso commentare Tornatore, il mio commento varrebbe zero.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. (Pablo Neruda)

Nel 2015 devi sapere perchè lo stai facendo e dove vuoi andare.

Non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi. Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro paese. (J.F. Kennedy)

Vesto l’azzurro e ne sono onorata, ma le nuove generazioni vanno oltre confini.

Chiudiamo in musica. Una canzone per ogni momento della sua carriera e della sua vita:

– la canzone degli esordi: NickelbackBurn It To the Ground

– la canzone delle vittorie ai mondiali giovanili-  Drake ft. Rihanna – Take Care

– la canzone dei momenti di crisi: Florence + The Machine – Dog days are over

– la canzone degli esami universitari: Mika – The Origin of Love

– la canzone di domenica, nel preciso momento in cui ha realizzato di aver superato il metro e novantasette. Lou Reed – Modern Dance.

 

 

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Umberto Zimarri
..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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