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Verso il 25 aprile: La democrazia partigiana dopo il massacro nazista

La strage di Susano, Costrignano e Monchio – Nel “Distretto di Montefiorino” i capifamiglia eleggono i loro rappresentanti – La nascita di due Zone Libere.
Partigiani della Brigata Italia montagna, Montefiorino 1945

Partigiani della Brigata Italia montagna, Montefiorino 1945

L’area dell’Appennino dove nascerà la repubblica partigiana di Montefiorino è tra le più arretrate della provincia di Modena, dove l’unica prospettiva è quella dell’emigrazione stagionale o permanente e dove si registrano i maggiori tassi di analfabetismo. Prima dell’affermazione del fascismo a raccogliere il maggior numero di consensi è il Partito Popolare.

Sono la guerra e, soprattutto, la guerriglia partigiana a scuotere la popolazione montana dalla marginalità e dall’isolamento. Nell’autunno del 1943 si formano gruppi di sbandati e renitenti alla leva, che si nascondono in questa zona perché distante dalle principali vie di comunicazione. Alcune esperienze
falliscono nel volgere di poche settimane, soprattutto per i gruppi provenienti dalla pianura che devono
costruire dal nulla il rapporto con la popolazione locale; in altri casi questi primi nuclei combattono, soprattutto per ostacolare i tentativi di cattura dei renitenti alla leva. Alla scadenza dell’ennesimo bando di arruolamento, l’8 marzo 1944 iniziano in tutto l’Appennino vaste azioni di rastrellamento, con scontri ripetuti tra nazi-fascisti e partigiani che proprio nella zona di Montefiorino infliggono pesanti perdite al nemico. Per questo motivo arrivano in zona due compagnie della Divisione “Hermann Göring” chiamate appositamente per preparare una pesante azione di rappresaglia.
Il 18 marzo, dopo un cannoneggiamento sulle pendici del Monte Santa Giulia i reparti tedeschi, affiancati da due plotoni fascisti, iniziano la distruzione sistematica delle abitazioni e il rastrellamento degli uomini di Susano, Costrignano e Monchio. La rappresaglia provoca in totale la morte di 131 persone, comprese alcune donne e bambini. L’azione tedesca, sempre con il sostegno di reparti fascisti, prosegue nella zona di Villa Minozzo, e all’alba del 20 marzo, a Cervarolo i militari tedeschi uccidono altre 24 persone.
Quella di Monchio, Susano e Costrignano è una delle prime grandi stragi compiute in Italia ma, precedendo di poco quella delle Fosse Ardeatine e la fase nuova aperta dagli ordini di repressione di Kesselring di aprile, è destinata a rimanere per lungo tempo nell’oblio, ridotta ad episodio locale.
La strage provoca una momentanea crisi nel movimento partigiano e disorientamento nella popolazione, ma nel giro di un paio di settimane riprendono gli attacchi ai presìdi fascisti e i sabotaggi di ponti e strade per rallentare i movimenti tedeschi, mentre le formazioni si ingrossano continuamente.
Il 18 giugno i partigiani occupano Montefiorino e assumono il controllo di tutta la zona che comprende i comuni reggiani di Toano, Villa Minozzo e Ligonchio e quelli modenesi di Montefiorino, Frassinoro, Prignano e Polinago. Immediatamente matura la volontà di dare vita ad amministrazioni democratiche, con la partecipazione diretta della popolazione. È questa volontà a marcare la differenza tra una Zona Libera e una repubblica partigiana, anche se questo termine entra in uso dopo la Liberazione. Nell’estate del 1944 si usa Zona Libera o anche “Distretto di Montefiorino”, a significare la contrapposizione con il Distretto militare di Modena, dove ci si arruolava nell’esercito della Repubblica Sociale.

Il 25 giugno nelle frazioni di Montefiorino sono convocate delle assemblee dei capi famiglia che eleggono propri rappresentanti nella Giunta popolare, che nomina a sua volta sindaco Teofilo Fontana. Nonostante il metodo imperfetto, per la prima volta dopo un ventennio di nomine dall’alto e per di più nell’Italia occupata, una comunità elegge i propri rappresentanti.
Nei giorni successivi il comando partigiano promuove l’elezione di Giunte anche negli altri comuni della zona liberata. Le Giunte popolari devono affrontare una situazione molto complessa, dovendo garantire l’approvvigionamento alimentare alla popolazione e alle centinaia di partigiani e di civili (spesso antifascisti ed ebrei perseguitati) che arrivano nella repubblica partigiana. Nonostante la brevità dell’esperienza, le Giunte riescono a risolvere non pochi problemi, per tutelare la popolazione e difendere l’economia della zona.
Questo afflusso crea problemi d’inquadramento politico e militare, anche per la difficoltà a trovare comandanti partigiani maturi. È praticamente impossibile addestrare e mantenere una massa così
imponente di partigiani, spesso completamente inesperti nell’uso delle armi. Per questo motivo non sono sfruttate le possibilità offensive che la Zona Libera offre, e prevale un atteggiamento difensivo rotto da qualche sporadica azione contro il nemico.
L’importanza militare della Zona Libera è testimoniata dall’arrivo di una missione inglese, cui
seguiranno missioni americane e, soprattutto, dal progettato invio di un reparto di 500 paracadutisti del ricostituito esercito italiano, il 185° battaglione “Nembo”, per potenziare la capacità offensiva partigiana; il lancio non è effettuato per l’attacco tedesco alla repubblica partigiana, dopo che erano già stati paracadutati gli armamenti. Rimane il dubbio che l’attacco tedesco sia avvenuto proprio per impedire che si consolidasse alle spalle della Linea Gotica una realtà militare così forte.
L’attacco alla repubblica partigiana inizia il 29 luglio 1944 e coinvolge almeno 5.000 soldati tedeschi, più
reparti fascisti di rinforzo. Colpisce prima i paesi del reggiano, per poi estendersi a quelli modenesi.
I combattimenti durano alcuni giorni con razzie, paesi dati alle fiamme, civili rastrellati. Nei combattimenti rimangono uccisi una cinquantina di partigiani e altrettanti restano feriti.
La riorganizzazione delle formazioni partigiane non è semplice e immediata e si risolve nella separazione
tra le brigate modenesi e quelle reggiane. La ripresa della guerriglia è condizionata dalla scarsità di viveri
e munizioni, dagli spostamenti continui ostacolati dal tempo pessimo, dalla spietata reazione nemica.
Dopo la ripresa delle operazioni Alleate sulla Linea Gotica alla fine di agosto, parte delle formazioni si
spostano verso il Bolognese per poi passare le linee e congiungersi con gli americani. Prima ancora che
venga comunicata la sospensione dell’offensiva alleata contro la Linea Gotica, il comando partigiano
decide di trasferire buona parte degli uomini oltre le linee, decidendo di trattenere a Montefiorino non
più di cinquecento uomini.
Nonostante l’attacco tedesco, non termina l’esperienza amministrativa popolare. In autunno nascono due Zone Libere, una che raggruppa i comuni modenesi, l’altra quelli reggiani. Le Giunte popolari riprendono le loro attività, soprattutto per garantire assistenza e approvvigionamenti alla popolazione.
Nella zona modenese nasce il CLN della montagna e si costituiscono un corpo di polizia e un tribunale
militare, che diventano i referenti per la popolazione che, non a caso, dall’autunno del 1944 non si rivolgerà più alle autorità della RSI per risolvere problemi civili o economici.

Dunque l’esperienza della repubblica partigiana continua in un territorio più limitato, ma con caratteri più definiti, facendo tesoro dell’esperienza vissuta in estate. In sostanza la zona di Montefiorino rimane sotto controllo partigiano fino al giorno della Liberazione. In questa seconda fase si sviluppa un duro confronto politico sul carattere da dare alla lotta partigiana, sul rapporto con la popolazione locale e sul tipo di realtà politica da prefigurare dopo la Liberazione, che si risolve nel dicembre 1944 con il passaggio del comando militare dai comunisti al gruppo democratico-cristiano. Una nuova crisi interna si avrà nel marzo 1945, e si concluderà con il ritorno dei comunisti alla guida della divisione e la contestuale nascita della “Brigata Italia”, di orientamento democratico-cristiano. Nei primi giorni di gennaio del 1945, mentre è ancora in corso il lavoro di riorganizzazione delle brigate nella zona di Montefiorino, l’Appennino modenese-reggiano è investito da un altro attacco tedesco. Nonostante le condizioni favorevoli al nemico, i reparti non si sbandano e la riorganizzazione delle formazioni partigiane è sostanzialmente immediata.

Da febbraio l’azione partigiana si fa più intensa grazie anche al miglioramento delle condizioni climatiche e al potenziamento dell’armamento disponibile. Sono compiute azioni di concerto con l’aviazione Alleata e si costituisce nel reggiano un battaglione Alleato – formato da paracadutisti inglesi, partigiani russi e partigiani italiani – che rappresenta un’esperienza davvero originale della Resistenza italiana.
Agli inizi di aprile il movimento partigiano controlla quasi tutto l’Appennino e alla ripresa dell’offensiva alleata le formazioni partigiane della montagna operano sia per mantenere il controllo del territorio
conquistato, sia per liberare altri paesi appenninici, rallentando la ritirata tedesca e scendendo verso
la pianura. Modena è liberata il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 aprile 1945.
La rielaborazione dell’esperienza della Resistenza in questa zona sconterà le difficoltà e le tensioni politiche dell’ultima fase della guerra, condizionando non poco la sedimentazione di una memoria collettiva pienamente favorevole alla lotta partigiana. In ogni caso, la repubblica partigiana di Montefiorino diventa con il passare del tempo un mito della Resistenza italiana, anche grazie alla concessione della Medaglia d’Oro al Comune e l’apertura del museo.
Invece occorrerà aspettare decenni perché la strage di Monchio, Susano e Costrignano venga conosciu-
ta e riconosciuta per quello che è stata, una delle prime grandi stragi naziste compiute in Italia.
Articolo di Claudio Silingardi in “Patria Indipendente” – periodico dell’Associazione Nazionale Partigiani.

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