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L’ultimo genio- Andrew Wiles

” La matematica non è una marcia in perfetto ordine lungo un corso sgombro e diritto, ma è un viaggio in una strana terra selavaggia, dove spesso gli esploratori si perdono. Il rigore dovrebbe essere un segnale per lo storico che le mappe sono state tracciate e che i veri esploratori sono andati altrove.”   W.S.ANGLIN

“Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina”, inizia con il guanto di sfida lanciato dal matematico francese Pierre De Fermat alle future generazioni  il nostro racconto. Questa incredibile avventura nella matematica attraversa le più geniali menti degli ultimi trecento anni e trova il suo epilogo negli innocenti occhi di un bambino americano di 10 anni che venne lettarlmente rapito da questo teorema e che  in quel preciso istante decise che la risoluzione di quel problema avrebbe occupato buona parte della sua vita. Il bambino in questione si chiama Andrew Wiles ed è colui che è riuscito a dimostrare il teorema il settembre 1994.

Il racconto inizia nel 1637 a margine di un libro di Aritmetica, nessun numero che sia una potenza maggiore di due può essere scritto come somma di due potenze dello stesso valore. Questo teorema è una semplice generalizzazione del più illustre e conosciuto Teorema di Pitagora e il suo enunicato così chiaro e conciso ci porterebbe a  pensare che la sua dimostrazione sia semplice e intuintiva, ma è qui che viene il bello e nasce il rompicapo. Fermat non dirà mai e non lascerà traccia della  la dimostrazione e porterà il segreto nella tomba. Da quel momento in poi le migliori menti  come Eulero, solo per citarne uno, si sono cimentate in questa ardua impresa ma nessuno è riuscito a sconfiggere il teorema.La dimostrazione è un idolo davanti al quale il matematico si tortura sosteneva Sir Arthur Eddington ed è proprio questo Andrew Wilesche è successo a tutti coloro che hanno sfidato Fermat.Anche nel mondo freddo e razionale dei numeri però contano le motivazione e la voglia di vincere le sfide, cosi nel 1986 il professor Wiles si isola dal mondo, si chiude in una stanza e per lunghi 7 anni avra un unico pensiero: dimostrare quel teorema. La sfida diventò una lotta prima di tutto contro se stesso e la sua mente: “Avevo il teorema in testa praticamente sempre. Mi svegliavo alla mattina con questo primo pensiero. Ci pensavo tutto il giorno e quando andavo a dormire ancora ci stavo pensando. Senza distrazioni avevo sempre la stessa cosa che continuava a girarmi nella testa..”. Il professore americano nei suoi studi non usava il computer ma solo un foglio bianco e una matita, lui stesso definiva i suoi grafici “ghirigori subconsci”. Wiles per dimostrare l’ultimo Teorema di Fermat avrebbe dovuto dimostrare la congettura di Taniyama-Shimura: ogni singola equazione ellittica può essere associata ad una forma modulare, in parole semplici avrebbe dovuto creare un ponte fra due mondi diversi, filosoficamente sfidava l’infinito.

Nel 1993 in una conferenza sembrava aver vinto la sua sfida, ma fu l’ultimo brutto scherzo che Fermat a distanza di anni riusciva a compiere, in quanto nella dimostrazione di Wiles c’erano alcuni problemi logici. Fu un duro colpo per Wiles che rischiava di perdere tutto il suo lavoro segreto in quanto a quel punto tutti avrebbero potuto ultimare la dimostrazione. Ovviamente l’ultimo genio riuscì ancora una volta a stupire tutti e nel settembre nel 1994 il Teorema fu definitivamente dimostrato. “Era una dimostrazione così indiscrivilmente bella. Era cosi semplice ed elegante. Non riuscivo a capire come mi potesse essere sfuggita. Ero eccitatissimo, niente di quello che potrò mai fare significherà altrettanto.”Proprio per la singolarità di questo avvincente giallo matematico, anche nel mondo del cinema si possono trovare riferimenti più o meno noti a questa vicenda.A Wiles per la sua epocale scoperta vengono assegnati prestigiossimi premi, come il  Nobel per la Matematica,ma la sua soddisfazione più grande è un’altra:  ” Ho avuto il privilegio di riuscire a realizzare nella mia vita adulta quello che era stato il mio sogno d’infanzia. So che è un privilegio raro, ma se da adulto riesci ad affermare qualcosa che significa per te cosi tanto, cio è più gratificante di ogni altra cosa immaginabile.Dopo aver risolto questo problema avverto sicuramente un senso di perdità, ma allo stesso tempo un tremendo senso di libertà.La vita è troppo breve per sprecarla in qualcosa di cui ci importa poco o nulla.”

 

 

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Umberto Zimarri
..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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