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Verso il 25 Aprile: “Le Fraschette” di Alatri

“Le Fraschette” di Alatri, campo d’i internamento per slavi.

Uno dei motivi, forse il più rilevante, che ci ha spinto, come associazione culturale, a trattare un tema come quello della “Festa della Liberazione” è stato il crescente disinteresse nella società di oggi per il valore della coscienza storica, verso qualsiasi tipo di memoriale, e contro qualsiasi ingiusto revisionismo storico. Quindi una memoria come punto imprescendibile per creare e istruire le nuove generazioni per quello che è stato e che tali atrocità non si ripetano mai più.

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A poche decine di chilometri da Roma c’è un simbolo del passato, di quello che molti preferiscono dimenticare invece che ricordare, le “Fraschette” di Alatri, un campo di internamento istituito nel 1941 dalle autorità militari del regime fascista nel territorio di Alatri.
Le misure realizzate, quali il confino e l’internamento, sono state generate da un governo pienamente legittimato, il Fascismo monarchico libero e sovrano, che ha partorito anche la realtà del campo le Fraschette di Alatri. Queste misure hanno delle date precise: nel 1922 il fascismo istituì il confino di polizia per avversari politici; nel 1938 vi furono le leggi razziali con possibilità di provvedimenti restrittivi verso gli ebrei; mentre l’internamento risale al 1940 ed è misura di guerra. Il regime fece largo uso dell’internamento perché era un provvedimento rapido e definitivo.
Per “l’istituto delle Fraschette” c’era un’ulteriore distinzione. C’era un internamento di Polizia, che concedeva un sussidio agli internati, ed una seconda forma di internamento, gestito direttamente dai militari, che riguardava i territori occupati. Non concedeva alcun sussidio, e riguardava in massima parte le popolazioni slave, dove era viva l’attività partigiana.

Inizialmente il campo delle “Fraschette”, doveva ospitare 7000  prigionieri di guerra, ma poi il suo uso venne proiettato verso altro: campo di internamento per migliaia di slavi che venivano deportati per rappresaglia contro l’attività partigiana. La gestione dell’internamento fu affidato all’Ispettorato Generale per i servizi di guerra, invece che alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza. Ciò consentiva al governo di risparmiare il versamento del sussidio di L. 6,50 al giorno per ogni internato.

All’interno del campo, gli slavi mangiavano solo la brodaglia preparata dai militari, mentre la piccola parte di internati anglo-maltesi venivano assistiti dalla Croce Rossa svizzera. I veri condannati quindi erano gli slavi. In percentuale morivano il 95% di internati slavi, quasi ogni giorno, dai due mesi di età agli 89 anni. Gli slavi erano tenuti internati soprattutto per convincere i partigiani a rinunciare alle loro attività in cambio del loro ritorno a casa. Nel luglio del 1943 ci fu il massimo del numero di persone, 4500.
Una testimonianza di Milena Giziak, una slovena da Vertoiba, frazione del comune di Gorizia. Arrestata con tutta la famiglia nel settembre 1942 perché suo fratello era andato partigiano, rinchiusa in carcere (all’epoca aveva solo 13 anni) dove vi rimase fino al marzo 1943 e fu spedita insieme ad altre 150 donne alle “Fraschette”:

“Il campo di Fraschette era collocato in una conca disabitata, circondata da monti. Eravamo quasi solo donne. Il vitto era impossibile: un mestolo di brodaglia e un etto di pane al giorno. Sporcizia rivoltante nei luoghi dove il cibo veniva preparato. Spaventose soprattutto le condizioni delle croate e delle greche, tanto da essere costrette ad aggirarsi attorno ai bidoni della spazzatura onde recuperare bucce di patate e qualche altro scarto”.
Una certa solidarietà, afferma la Giziak, veniva loro dai giovani soldati di guardia, i quali tolleravano le uscite clandestine delle internate per saccheggiare nelle campagne circostanti la frutta e quant’altro potesse attenuare gli stimoli della fame.

Luisa Deskovic: ““Gli slavi all’’epoca erano circa 4.000. Due volte al giorno ti davano il rancio con la gavetta, una brodaglia con qualche pezzo di zucca. Non ho mai mangiato, né prima né dopo, una roba tanto disgustosa”,” dichiarò.

Le situazioni igieniche erano pessime. Tutto questo si trova nei documenti conservati nell’archivio di Stato di Frosinone. In una relazione relativa ad un’ispezione effettuata nel Luglio ’43  da un  Servizio Ispettivo della Regia Prefettura di Frosinone, Il Campo di Concentramento di Fraschette, come venne rilevato dalle visite effettuatevi, presentava varie deficienze costruttive, organizzative e funzionali. La sua nascita avvenuta nel 1942, prontamente lontano dal centro abitato, è del tutto illegittima senza alcun minima legge in materia urbanistica e topografica. Non c’era un vero progetto, duecento baracche messe lì a caso.
Nel campo di concentramento delle Fraschette, anziché i prigionieri di guerra, si immisero internati di guerra: cioè uomini, donne, bambini, vecchi, persone sane, ammalati, tarati, forti, ardenti tripolini; famiglie organiche, numerose, e persone sole di ambo i sessi.

Una figura molto importante fu quella del Vescovo di Alatri, mons. Facchini. Fu lui a coordinare in zona le tre componenti della Resistenza (quella cattolica, quella militare e quella marxista) e a permettere, in Curia, la stampa del  giornale clandestino dei partigiani. Riuscì ad ottenere la presenza di una comunità di 5 suore nel campo per assistere gli internati. E una di queste suore, Suor Mercedes appuntò qualsiasi testimonianza, evento.

Dopo l’8 settembre, il venir meno della sorveglianza delle SS tedesche, permise a molti degli internati di scappare e far ritorno a casa. Il governo di Salò, con l’imposizione dei tedeschi, trasferì gli ultimi rimasti, circa 1.300, nel campo di Fossoli, presso Carpi.

Dopo il 1944 il campo ospitò prima prigionieri tedeschi e poi profughi e dalmati, ed altri ancora, fino agli anni ‘70, quando fu chiuso, per essere riaperto dopo la caduta del muro di Berlino. Attualmente le autorità comunali stanno tentando di recuperare le strutture fatiscenti per renderle fruibili ai turisti, come “Museo Storico del Campo Le Fraschette”.

Fraschette

Fonte: http://www.nuovaalabarda.org/dossier/il_campo_di_internamento_di_alatri.pdf
Immagini: http://www.tg24.info/alatri/museo-storico-e-della-memoria-alle-fraschette-via-alliter-da-parte-dellamministarzione/

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Mauro Stracqualursi
"Bisogna sempre essere ebbri. Tutto è in questo:è l'unica questione. Per non sentire l'orribile peso del tempo.. che vi rompe le spalle e vi curva verso la terra... Dovete inebriarvi senza tregua.[...] Ma di che? Di vino,di poesia o di virtù,a Vostro talento. Ma inebriatevi. E se talvolta sui gradini di un palazzo, sull'erba verde d'una proda, nella solitudine tetra della Vostra camera, Vi destate, diminuita già o svanita l'ebbrezza, domandate al vento, all'onda, alla stella, all'uccello, all'orologio, a tutto ciò che sfugge, a tutto ciò che parla, domandate che ora è: ed il vento, l'onda, la stella, l'uccello, l'orologio, Vi risponderanno: E' l'ora di inebriarsi! Per non essere schiavi martoriati del Tempo, inebriatevi,inebriatevi senza posa! Di vino,di poesia o di virtù... a Vostro talento.." "Inebriatevi" - C. Baudelaire.

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