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In morte di Bauman

La morte di Bauman rileva nella sua tragicità, il fenomeno umano e culturale del ricordo e della rimembranza, un gesto ed un esercizio che avvicinano il corpo, inteso come agglomerato di cellule, ad una trascendenza ipotizzabile, concettualizzabile  e comprensibile.

Zygmunt Bauman

Zygmunt Bauman

L’autore polacco, epitome del XX secolo, studioso e docente di filosofia e sociologia, nel corso della sua intensa e lunga carriera di ricercatore, ha posto la sua luce investigativa  sulle questioni di massima rilevanza che travolgono l’uomo e lo impegnano ad una perpetua ed infinita riflessione.

Il tema della morte, infatti, ha assorbito una lunga stagione del suo lavoro, approfondendo e rimarcando la concezione del rapporto tra il Soggetto e la sua finitudine, in cui egli delinea un tratto caratteristico dell’uomo che si affaccia e mira l’abisso.
Tale tratto generalizzato viene ad essere individuato nella categoria del “differimento” e del “rimando”;la lettura dell’esperienza umana può essere interpretata alla luce di quella continua tensione che offre all’uomo, l’occasione dell’alienazione e della voluta dimenticanza dell’esperienza finale.

L’uomo costruisce, nel corso della sua itinerante e complessa avventura, un apparato simbolico, una serie di riti e di istituzioni, che condensano il bisogno della vittoria sulla morte; la società nella sua essenza non sfugge a tale dinamica e la storia, intesa come quell’insieme di vicende che descrivono la biografia dell’umanità, trattiene le forme di quell’istanza eterizzante contenuta nella simbolizzazione.

Bauman fuggì dalla deportazione antisemita operata dal nazifascismo e riparò, insieme alla sua famiglia, in Unione Sovietica, da dove nel giro di pochi anni dovette andare via, in quanto poco incline all’obbedienza e alla genuflessione  assecondante il regime stalinista. Bauman dunque ripara dapprima in Israele e poi, in maniera definitiva, giunge nella sua Inghilterra dove rimarrà per quasi mezzo secolo.

La sua esistenza è segnata  dall’esperienza totalitaria, dal Nazismo e dallo Stalinismo, e tale aspetto diviene oggetto ed analisi da parte del nostro autore. Egli indaga sui caratteri distintivi dei regimi totalitari, sulle dinamiche sociologiche ed economiche che spingono i popoli ad aderire a progetti assolutizzanti.

Il lato oscuro dell’uomo che accetta la sottomissione a forme di potere che annientano l’individualità, rimane un interesse centrale di Bauman, che scava e scopre la motivazione oggettiva e, ad un tempo, intima alla delega.

I totalitarismi, infatti, si formano e si sviluppano quando una società, nelle sue strutture culturali e valoriali, convince se stessa dell’invincibilità dell’uomo sulla natura, quando si convince dell’esclusività della propria visione di mondo e delle proprie certezze sulle altre.
In questa compulsiva ricerca della perfezione, l’individuo si abbandona al collettivo e delega un gruppo di potere e un capo a scegliere per se stesso, a pensare in modo “collettivo”.
Bauman, fugge dal totalitarismo nella stessa misura in cui fugge e critica ogni forma di fanatismo e di intolleranza.

Si spiega in questo modo il suo abbandono nei confronti di Israele, considerato luogo inadatto, in quanto incline ad una valutazione eccentrica del concetto di”risarcimento”, che dalla classe dirigente israeliana, viene considerata come leva giustificatrice verso una politica espansionistica  che tenta di sottomettere e cancellare l’identità araba e palestinese. Per Bauman tutto questo risulta inaccettabile; l’esercizio del potere, infatti, non può in alcun modo giustificare l’edificazione e lo sviluppo delle ingiustizie.

Le diseguaglianze, le sofferenze umane e  le discriminazioni, rappresentano le problematiche su cui Bauman investe le sue energie intellettuali negli ultimi decenni. Da questa angolazione trova maturazione la sua attenta riflessione sulle caratteristiche della società e dell’uomo post-moderno.

L’elaborazione della “Società Liquida”, infatti, assegna le connotazioni essenziali dell’era contemporanea in cui, dalla società delle certezze e dei grandi racconti, l’Occidente ha elaborato un nuovo modello culturale che si esprime in tutte le dimensioni della vita.

Nel lavoro così come nella politica, nelle relazioni affettive e nella vita quotidiana, la liquidità assume il volto e la sagoma della precarietà, della velocità, della continua migrazione e della costante incertezza.
L’uomo della società liquida è un consumatore sfrenato e sregolato, che nell’azione del consumare disegna la propria identità e che, come tale, risulta essere fragile ed esposta alle sollecitazioni pubblicitarie ed effimere della manipolazione contingente e utilitaristica.

L’uomo contemporaneo, rigettando il paradigma collettivista del XX secolo, vive in una dimensione privatista, solipsistica, egoica e narcisista. Tutto viene privatizzato ed individualizzato, dalla cultura alla sanità, dal trasporto alle dimensioni umane e affettive.

La gestione del potere politico diviene contraddittoria, in quanto incline alla logica del provvisorio, del mutevole; le formazioni politiche di ultima generazione, quelle nate nel secolo XXI, assorbono tali peculiarità. Esse si manifestano destrutturate e leggere nella forma organizzativa, guidate sovente da istrionici leader, antisistemiche ma, nel contempo, non antagoniste sul piano sociale.

Bauman afferma che nella fase matura della modernità, l’incertezza getta l’uomo tra le braccia della paura e questo atteggiamento collettivo viene sovente sollecitato dalla politica, la quale più che educare la massa e la collettività, insegue e promuove le ansie ed i timori diffusi. Bauman vede un rischio che si leva all’orizzonte, uno scacco perverso che potrebbe assumere il ruolo di protagonista nella scena storica nell’immediato futuro.

Lo scacco da rimuovere è rappresentato dall’emergere nelle nostre società delle ” utopie retrogradi”, cioè di quelle narrazioni che inneggiano al passato, promettendo la soluzione dei mali del presente, aggirando e smarcandosi dal futuro.
Tale atteggiamento spaventa il nostro autore e dimostra, ancora di più, l’urgenza di guidare il processo di trasformazione.

Per Bauman l’uomo deve affrontare le sfide, compresa quella  dell’accoglienza verso i “rifiuti dell’umanità”; i migranti sono il prodotto delle diseguaglianze, sono il frutto delle promesse tradite dalla modernità. L’uomo non deve mai  arrendersi alla paura, non deve mai abbandonare il sentiero della ragione; l’uomo non deve mai sfuggire dal suo dovere etico alla comprensione dell’altro, alla accoglienza e  alla solidarietà.
L’uomo  della società liquida, deve trovare le forze emotive ed intellettuali per ripristinare il senso della curiosità e del dubbio, le uniche dimensioni in grado di rilanciare l’umanità e sconfiggere lo spaesamento.

 

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