L’associazione culturale “L’indifferenziato” per il 25 Aprile.
L’associazione culturale “L’Indifferenziato” rinnova il suo impegno per uno dei suoi temi più cari, ovvero la commemorazione del 25 Aprile, il giorno della Liberazione. In occasione del 76esimo anniversario, e visto ahinoi il perdurare dell’emergenza sanitaria per il secondo anno consecutivo, l’associazione per mantenere viva e sempre attuali i temi della Resistenza e dell’antifascismo, ha deciso di presentare una mozione per la CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA ONORARIA A PATRICK ZAKI.
Come non mai e in questo periodo è sempre importante ribadire con forza la posizione di tutti coloro che non hanno abbandonato quei valori.
È di questi giorni l’iniziativa di ben 100 città di dare la cittadinanza onoraria a Patrick Zaki, ragazzo egiziano di 27 anni, attivista e studente. Nel settembre del 2019 si era trasferito in Italia per frequentare un master internazionale in Studi di Genere presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Lavorava, inoltre, come ricercatore per i diritti umani e di genere all’EIPR – Egyptian Initiative for Personal Rights, un’organizzazione egiziana che dal 2002 si impegna per rafforzare e proteggere i diritti e le libertà fondamentali in Egitto.
Lo scorso anno aveva deciso di approfittare di un breve periodo di vacanza per fare ritorno per qualche giorno in Egitto dalla sua famiglia e dai suoi amici. Il 7 febbraio, tuttavia, non appena atterrato all’aeroporto del Cairo, veniva arrestato in assenza di apparenti motivi, trattenuto per 24 ore senza che ne fosse data notizia ai familiari, interrogato ed infine incriminato. L’accusa è quella di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione” per aver pubblicato notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale, per aver incitato proteste contro l’autorità pubblica, per aver utilizzato i social network per minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica e per aver istigato alla violenza ed al terrorismo. Eppure, Patrick era soltanto uno studente ed un attivista che difendeva i diritti umani.
Successivamente al suo arresto è stato trasferito a Mansoura e poco dopo nel carcere di Tora, dove si trova tuttora in stato di custodia cautelare. Durante tale periodo – riferiscono i legali del giovane e l’EIPR – Patrick Zaki è stato minacciato, picchiato, torturato e sottoposto all’elettroshock. È in questo modo che la macchina della repressione egiziana reprime il dissenso. Un recente rapporto di Amnesty International, intitolato “Stato di eccezione permanente”, riferisce di continue violazioni dei diritti umani da parte delle autorità egiziane nei confronti di attivisti, giornalisti, ma anche semplici cittadini, di arresti e detenzioni arbitrarie che durano mesi e talvolta anni senza che si giunga ad un processo, di complicità delle autorità nella tortura, in omicidi e sparizioni forzate, come è accaduto a Giulio Regeni.
Dal 7 febbraio sono trascorsi oltre quindici mesi e Patrick Zaki si trova ancora privato della propria libertà personale per aver espresso le sue idee e le sue opinioni. Nel corso di queste settimane le udienze che dovevano decidere sulla continuazione del suo stato di detenzione hanno subito continui rinvii, legati soprattutto al fatto che in Egitto l’attività giudiziaria è ferma a causa del coronavirus, e solo nell’udienza del 7 maggio (la quale si è svolta senza che fossero presenti l’imputato ed i suoi avvocati) è stato disposto un rinnovo della custodia cautelare in carcere. Proprio il coronavirus, inoltre, a causa dell’asma di cui è affetto Patrick Zaki, rischia di rappresentare un ulteriore pericolo, se si considera che in carcere il rischio di contagio è più alto.
La storia di Patrick Zaki parla a tutti noi anche della sconvolgente storia della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni, ferita tuttora aperta, e ci ricorda di come in Egitto il dissenso e la libertà d’espressione vengano repressi col sangue, la violenza e la cancellazione dei diritti. Patrick Zaki ama il nostro Paese, aveva deciso di vivere in Italia, di conoscere la nostra cultura, di studiare a Bologna e formarsi nelle nostre università, pertanto concedergli la cittadinanza italiana – come da settimane chiedono numerosi intellettuali, giornalisti, accademici e parlamentari – potrebbe contribuire a fermare le torture, restituirgli la libertà e salvargli la vita.
Alla luce di questa tremenda vicenda e nel tentativo di esercitare pressioni su chi oggi ha la responsabilità ed il compito di provare a salvare la vita di Patrick, sarebbe un atto doveroso, significativo e dal forte impatto quello di difendere i diritti politici, i diritti individuali, la libertà di pensiero e di espressione di Patrick Zaki e concedergli la cittadinanza onoraria del Comune di San Giovanni Incarico.
Altre città, Bologna per prima, seguita da Milano, Napoli e altre (circa 70 in tutta Italia) hanno avviato il percorso per il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Zaki, sul presupposto che ciò testimoni il riconoscimento dei valori di libertà di studio, di libertà di pensiero e di libertà alla partecipazione pubblica propri del nostro paese e delle istituzioni che lo rappresentano.
M. Stracqualursi & A. Tanzi