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Paolo Borsellino-Approfondimento (2a parte)

Spero si superi in modo definitivo il muro di gomma che ha attanagliato quest’orribile pagina della storia del nostro paese con la riapertura entro poco tempo, del processo grazie al lungo lavoro del pool antimafia di Caltanissetta.

Io personalmente provo vergogna e indignazione ad avere un ministro come  Saverio Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma non vede il motivo per dimettersi, provo profonda rabbia  ad essere rappresentato al Senato da persone come Marcello Dell’Utri, condannato in primo e secondo grado con la seguente motivazione: “  Vi è la prova che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento Europeo nelle file dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perché era in corso il dibattimento di questo processo penale. » e che più volte ha sostenuto « Io sono politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Mi candidai nel 1996 per proteggermi. Infatti, subito dopo mi arrivò il mandato di arresto […] Mi difendo anche fuori [dal Parlamento], ma non sono mica cretino. Quelli mi arrestano”» come trovo assurdo che persone come l’on. Mancino non facciano chiarezza sulla presunta o tale trattativa tra Stato e Mafia.

Su questo episodio vi sono due testimonianze chiave, quelle del procuratore aggiunto di Palermo di allora, il dott. Aliquò e il pentito Gaspare Mutolo.

Borsellino e Aliquò si trovavano alle ore 17.40 dell’1 luglio 1992 nei locali della DIA di Roma a interrogare Gaspare Mutolo il quale stava confermando ufficialmente la sua collaborazione con la giustizia. Alle 17.40 il cellulare del dott. Borsellino squilla: è il Ministro Mancino che l’ha convocato presso il Viminale. Aliquò decide di accompagnare il Borsellino e afferma: ” ho accompagnato Paolo fino alla soglia dell’ufficio del Ministro Mancino”.
Dopo l’incontro Aliquò, nota l’eccessivo nervosismo del magistrato e gli chiede cosa fosse successo.
Il Mutolo in seguito dichiarerà: “Quando il dott. Borsellino è rientrato, era talmente nervoso che si accendeva una sigaretta dopo l’altra e alla mia domanda su cosa fosse successo lui mi rispose che era stato dal Ministro Mancino e che appena entrato nella sua stanza si accorse che oltre la presenza del ministro, vi erano il capo della polizia dott. Parisi e il dott. Bruno Contrada”.

Questa è l’Italia che ci meritiamo? Questi sono i rappresentanti del popolo? È arrivata l’ora di cambiare, non può più bastare commemorare formalmente i nostri eroi borghesi, l’unico modo per onorare questi leali servitori dello stato è la ricerca della Verità. Molti dei miei coetanei sanno poco o niente su queste stragi, si sta cercando di far dimenticare lo sforzo valoroso di quegli eroi. Basta pensare a quanto spazio trovino sui giornali le vicende di cronaca nera e quanto silenzio invece c’è sul periodo delle stragi.

Quest’articolo vuole anche servire a spingere i lettori a ricercare notizie e a informarsi su queste vicende che sono legate a doppio filo con la realtà che viviamo ogni giorno.

Concludo questo approfondimento con le parole di Antonino Di Matteo, procuratore di Palermo dal film-documentario: “19 luglio 1992-una strage di stato”:

Noi non ci sentiamo  sufficientemente supportati dagli altri organi dello stato in questa difficile indagini, anche perché i governi che si sono succeduti motivano più le forze di polizia nelle indagini che riguardano la cattura di determinati latitanti, o la repressione delle estorsioni o della bassa macelleria criminale di Cosa Nostra.

Noi abbiamo la difficoltà in queste indagini di livello più alto, di dover quasi fare tutto noi da soli. È difficile  trovare una polizia giudiziaria che si voglia veramente impegnare,che sia messa nelle condizioni di impegnarsi, in queste indagini che spesso purtroppo lambiscono i loro stessi apparati. Ecco qual è la difficoltà. È una difficoltà di procedere fondamentalmente da soli,di camminare su un filo sospeso in aria e di sapere che molti aspettano solo il passo falso che prima o poi secondo i loro auspici arriverà. È  molto scomodo fare queste indagini, non paga ma è doveroso. Uno stato che in questo momento non facesse di tutto per cercare di scoprire gli ulteriori mandati e moventi della strage di via d’Amelio non sarebbe degno di chiamarsi Stato. Uno stato che non avesse la forza di processare eventualmente, anche se stesso, sarebbe uno stato non credibile, che per sempre potrebbe essere sottoposto all’arma di ricatto di chi in Cosa Nostra sa. Ne potremmo catturare 10,100,1000 latitanti o uomini d’onore, ma fino a quando Cosa Nostra avrà la forza tramite le sue conoscenze di ricattare uno stato debole, noi non avremo mai debellato il fenomeno mafioso”.

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..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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