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Il 16^esimo Congresso dell’Anpi in provincia di Frosinone

Congresso dell'Anpi Frosinone- BandieraDomenica 20 marzo a Cassino, presso la “Casa della Cultura” si è svolto il 16 il congresso dell’Anpi provinciale. Un incontro vero e sentito, un momento di sintesi ed eleaborazione proficua che ha posto le basi per il lavoro dell’organizzazione nei prossimi cinque anni. In un momento storico così drammatico, i valori della Costituzione, dell’antifascismo, della solidarietà e dell’integrazione rappresentano sempre più un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi e valori imprescindibile da difendere. Un congresso che pone l’Anpi sempre più al centro della realtà sociale-culturale e politica della provincia di Frosinone grazie ad una sinergia con i principali partiti politici che si riconoscono nei valori dell’antifascismo e con i principali attori del terzo settore con l’obiettivo di essere in grado di saper cogliere le enormi sfide della contemporaneità. Tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri, in questo aforisma si può ritrovare l’enorme sfida che il congresso dell’Anpi si è data come priorità.

Nell’articolo in seguito sarà possibile leggere alcuni passaggi della relazione del Presidente Provinciale Giovanni Morsillo e in allegato sarà possibile scaricare la relazione provinciale e quella nazionale.

Documento Provinciale Anpi Fr: relazione congresso 2016

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Cari Compagni e Compagne,

il lavoro che siamo chiamati a svolgere oggi potrebbe essere declinato in molti modi. Celebrazione rituale e ricorrente di un cerimoniale di apparenza; o adempimento burocratico sterile e dovuto; oppure, e questo è l’intendimento di tutti noi, momento alto di sintesi e di progetto, occasione attesa e feconda di riflessione su quanto abbiamo alle spalle e attenzione a quanto vogliamo e siamo impegnati a realizzare.
Lo facciamo, intanto, in una sede nuova e ospitale, che rappresenta essa stessa, simbolicamente e concretamente ad un tempo, il risultato e l’impegno stesso dell’ANPI e della sua lotta, non più per formarsi ma per il suo radicamento ed il suo consolidamento, nella prospettiva di acquisizione di un ruolo riconosciuto di soggetto ampio e plurale, capace di produrre idee, orientamento, in una parola cultura sociale. Questa sede, che condividiamo ed abbiamo costituito in Casa della Cultura insieme ad altre associazioni di varia natura, rappresenta anche ideologicamente quello che intendiamo per confronto partecipativo, per relazioni sociali e politiche, in una parola, per democrazia. Lo spirito del CLN adeguato alle esigenze dell’oggi, non più per la lotta armata di Liberazione, ma per la lotta dura e di lunghissimo termine per conquiste democratiche sempre più avanzate, in grado di reagire all’azione erosiva e frammentatrice delle forze reazionarie ancora e sempre presenti nel contesto sociale e civile. Risultato di questa impostazione unitaria e plurale del nostro lavoro in questa provincia, in perfetta sintonia con le risultanze del 15° Congresso di cinque anni fa, sono stati notevoli, ed hanno portato la nostra Associazione dalla scommessa di voler esistere al riconoscimento a tutti i livelli del suo ruolo indispensabile e prioritario nella vita democratica. Dai cento incontri con gli studenti ed i cittadini di tutta la provincia, alla costruzione di relazioni feconde con associazioni e gruppi attivi politicamente, fino ai rapporti ormai consolidati con istituzioni del calibro dell’Università degli Studi di Cassino o di molte Amministrazioni comunali, non sempre amiche della cultura antifascista. Cito solo, per dare la dimensione, il protocollo di intesa firmato da noi e dal sindaco di S. Donato Val Comino per l’Educazione alla Costituzione, ed il seminario sulle Parole della Memoria da noi tenuto insieme a Libera su invito della Facoltà di Giurisprudenza di Cassino e valevole per i crediti agli studenti. Non si contano più le occasioni di approfondimento della storia locale e nazionale, e perfino dell’antifascismo europeo da noi organizzate e tenute nel tempo….

….I cinque anni che ci separano dal passato Congresso registrano quindi un costante incremento della nostra presenza nel territorio della provincia di Frosinone, sia dal punto di vista quantitativo, con un numero davvero considerevole e crescente di iniziative svolte in gran parte dei centri piccoli e grandi, nelle istituzioni, nei luoghi della memoria, sia sul piano della qualità, che anche avvalendoci di contributi di esperti e studiosi, ma soprattutto contando sulle energie e le competenze che esprimiamo in sede locale, abbiamo realizzato sempre con esiti più che soddisfacenti e con conseguenze spesso importanti a livello aggregativo. Le vicende dell’oggi ci vedono affrontare ancora una società sfaldata, erosa nei suoi elementi costitutivi, incapace di risposte razionali e ragionevoli alle questioni che la storia le pone dinanzi, e tuttavia ci rivela che la società, pur cambiata rispetto anche a solo qualche decennio fa, sente il bisogno, non sempre in modo consapevole e chiaro, di riferimenti valoriali forti e di politiche in grado di lavorare per la loro realizzazione e per il loro aggiornamento. La società che pensa è consapevole dei limiti raggiunti dalla precarietà organizzativa e strutturale delle sue centrali e funzioni; la democrazia è da tempo oggetto – da parte dei segmenti di società più esposti per debolezza economica e culturale alla fragilità del giudizio ed alla banalizzazione – di disillusa messa in mora, di rifiuto nauseato non solo, come sarebbe giusto, delle sue degenerazioni, ma dei suoi stessi fondamenti teorici ed ideologici, giudicati con un parallelismo semplicistico ma assai efficace, come inevitabilmente destinati al fallimento, quando non del tutto demagogici e truffaldini. Il tutto originato, certamente, da una pratica politica ormai ridotta troppo spesso a improvvisazione e approssimazione, quando non a passacarte del malaffare, ma non solo. La degenerazione della prassi e la scomparsa della teoria nella consuetudine politica ed istituzionale a tutti i livelli sono sì, madri del disimpegno civile delle masse seguito all’affermarsi delle politiche neoliberiste e individualiste degli anni ’80 e seguenti, ma ne sono anche, paradossalmente forse, figlie legittime. Infatti, se è vero che il processo di concentrazione dei poteri e di cancellazione della rappresentanza a vantaggio della stabilità degli assetti di potere ha allontanato ed allontana sempre maggiori quote di cittadini dalla cittadinanza, è vero allo stesso modo che questo crescente rifiuto del ruolo di cittadini responsabili e partecipativi da parte dei suoi titolari non fa che lasciare sempre più campo aperto a nuove concezioni autoritarie e non mediate della gestione del potere e della cosa pubblica. Il prevalere dell’idea tecnocratica su quella valoriale e aggregativa ne è il frutto avvelenato.
La crisi dei partiti, che solo in parte, sia pur larga, è dovuta all’inquinamento corruttivo da essi accettato e trasformato spesso in sistema di potere anche colluso con ambienti criminali, è uno degli effetti della trasformazione dei sistemi di produzione e di scambio affermatisi negli ultimi trentacinque anni in buona parte dei Paesi a capitalismo maturo (coincidenti con i regimi democratici più avanzati), e con espressioni anche più radicali in quelli con sistemi di welfare meno articolati. In questi Paesi prima che in quelli caratterizzati da economie più socialmente attente (le socialdemocrazie nordiche o il sistema canadese, ad esempio), la trasformazione dell’economia da industriale in finanziaria grazie alle nuove tecnologie ed alla sconfessione dei valori nati con la vittoria dei sistemi liberali sulle autocrazie fasciste e naziste, ha determinato la fine della necessità del consenso dei produttori e dei consumatori interni alle potenze industriali, spostando l’asse del conflitto su scala più ampia e spogliando di ogni efficacia i metodi tradizionali della lotta democratica. Il processo che abbiamo conosciuto, con tutti i suoi limiti e debolezze, per il quale però era la massa organizzata che partecipava alla formazione e selezione dei quadri maturati nella vita associativa e nel confronto con le altre forze che la società esprimeva, prevedeva l’azione diretta delle masse non solo come corpi organizzati su cui poggiava la sovrastruttura democratica, ma come elementi riconosciuti della rappresentanza del conflitto sociale e di classe, classicamente individuato in quello fra capitale e lavoro ma che nel tempo ha assunto in sé e su di sé il portato dei nuovi bisogni di emancipazione, da quello delle donne ai movimenti studenteschi e giovanili, dai nuovi orientamenti sui diritti civili alla nuova concezione della famiglia, della cultura, dello Stato. Al contrario, la spettacolarizzazione della disputa politica, come di ogni altro aspetto della vita e dell’esistenza, fino al privato più intimo, come la malattia o il disagio sociale ed economico, ha eliminato la rappresentanza sostituendola con la rappresentazione, lo show al posto del ragionamento e del dibattito, la kermesse e la delega invece dell’autocoscienza e dell’impegno collettivo, gli urli scomposti nei talk-show e nelle assemblee elettive invece della chiamata all’impegno civile delle masse di cittadini resi consapevoli.

… E l’ANPI? La lungimirante scelta operata nel 2006 a Chianciano dai Partigiani, di non privare il Paese di una forza autorevole e di coerente tradizione come la nostra Associazione, nel momento in cui più nere si addensavano le nuvole della reazione, sta dando i suoi frutti, sebbene la strada da fare sia molta e spesso troviamo sul cammino strani sassi in cui inciampare. L’ANPI non è un partito, ma rischia di subire i contraccolpi che la crisi delle forme tradizionali della politica attraversa, se non altro perché l’insoddisfazione che si diffonde soprattutto negli strati sociali che più necessiterebbero di garanzie democratiche, rende molto più complicato costruire rapporti proficui e duraturi con essi e con i loro elementi più avanzati e coscienti. Per non parlare dei tentativi crescenti quanto illusori di strumentalizzazione a fini particolari dell’ANPI, che essendo portatrice autorevole dei valori democratici della Resistenza, alcuni vorrebbero servirsene come un buon cosmetico per le proprie impresentabili screpolature. I Partigiani, compagne e compagni, ci hanno consegnato, non a cuor leggero, va detto, non un patrimonio di memoria e di storia che nelle loro intenzioni hanno consegnato all’Italia intera, compresi quelli che erano e sono contro, ma uno strumento, un metodo che consente di portare quei valori e quella lotta a compimento, a realizzazione attraverso la costruzione di effettive garanzie capaci di affermare nei fatti i principi scritti nella Costituzione con le conquiste della lotta antifascista. Il metodo dell’unità nella diversità, dell’interesse generale prima di quello particolare, fosse pure il più nobile e puro, della battaglia delle idee e dell’impegno anche con qualche sacrificio ma con lo spirito di unire le forze senza omologare le specificità e le culture. Del resto, i sacrifici che si richiedono a noi sono ben poca cosa rispetto a quelli che loro hanno affrontato, e non è questa la sede in cui necessiti ricordarlo….. 

L’ANPI esiste ed ha un ruolo fondamentale anche in una società in crisi come la nostra, solo se sa mantenere dritto il timone, se sa cioè operare e pensare nel solco del testamento della Resistenza…. E pensiamo che oggi sia il momento di dotarci di strumenti operativi e politici più idonei a procedere con programmi ancora più ambiziosi, ma sicuramente alla nostra portata. Il consolidamento del tesseramento, che passa da un turn-over dell’85% dei primi tre/quattro anni, ad oggi con una percentuale di non confermati che non supera il 12%, ma con un totale di iscritti costante o in aumento, necessita ed impone un maggiore lavoro di radicamento, una campagna di proselitismo più metodica ed incisiva. Siamo passati dal non essere percepiti, dall’inesistenza effettiva, alle continue richieste di presenza, di contributi di conoscenza e di relazioni, e non da parte di circoli di reduci post-rivoluzionari, ma dalle scuole, dai Comuni, dalle organizzazioni dei lavoratori e degli studenti. Questo ci dice che è ora di crescere davvero anche come iscritti.

…Avviandomi a chiudere questo intervento, vorrei appellarmi alla vostra indulgenza nel giudicarlo. So bene che esso è poco ortodosso, non segue lo schema tradizionale dell’analisi della situazione generale, di quella nazionale e di quella più specifica del territorio, ma ho ritenuto che esse siano ben note a tutti i compagni, che se siedono in questa sala vuol dire che sono consapevoli di quale sia la situazione ed i rischi che la democrazia corre.
Certo non vuol dire che si intenda sottovalutare questioni di portata storica come le migrazioni o la guerra che infiamma il mediterraneo e l’Oriente. Né che questioni sociali come la disoccupazione, ed in specie quella giovanile e femminile siano secondarie. È invece proprio perché siamo di fronte a queste trasformazioni che umiliano gli esseri umani e mietono vittime innocenti, che pensiamo che l’ANPI abbia una funzione quanto mai indispensabile. Essa è propugnatrice di pace quando la guerra torna in Europa, lambendola ai confini e colpendola con le miserie che produce; è sostenitrice della necessità di uguaglianza proprio quando la Francia sperimenta tragicamente che Liberté senza Égalité è pura lirica; è a difesa dell’unità dei popoli quando l’Europa abortisce, gli stati nazione sono in crisi e sorgono tensioni a dividere su base localistica e addirittura sub-etnica popoli e Paesi; è per l’autodeterminazione oggi che la stessa indipendenza di popoli e stati sovrani è minacciata in ogni angolo del pianeta, e che di contro si individua illusoriamente nell’arroccamento pseudo-identitario la soluzione al disorientamento sociale e politico di fronte alla ristrutturazione economica in atto; è per la dignità del lavoro, adesso che il violento ruggito neoliberista fa strame dei diritti e delle conquiste di civiltà che il lavoro ha ottenuto con la lotta. Sappiamo bene quale sia la tragedia che affligge i migranti, siamo i figli di Marcinelle e di Ellis Island, siamo quelli nati al Nord da contadini meridionali, e abbiamo fatto in tempo ad assaggiare il pane straniero. È anche per questo che lottiamo perché nessuno si senta straniero, e perché sia sconfitto il germe insano dell’intolleranza. Abbiamo quindi preferito concentrare il poco tempo a disposizione oggi sui temi urgenti del nostro consolidamento organizzativo, pensando che questo sia necessario ad affrontare con vigore e migliore fortuna proprio quei problemi che non possiamo limitarci ad enunciare. L’ANPI ha oggi molti iscritti e pochi militanti, e deve cambiare. Deve cioè non limitarsi a fare da sentinella e denunciare i rigurgiti fascisti e sciovinisti, ma lottare in prima persona, con i propri militanti a fianco e alla testa delle parti più consapevoli della società, e nel rispetto di tutte le autonomie a cominciare da quelle politiche, elettorali ed organizzative, affinché essi siano isolati, e non riescano a confondere la gente trasformando il disagio e la disaffezione in arma in mano a vecchi e nuovi arnesi della reazione. Continuiamo a coltivare l’ANPI come luogo di affermazione teorica e pratica della libertà di pensiero e di espressione, che non vuol dire carnevale dell’istinto e dello spontaneismo, ma foro di ricerca collettiva e di produzione di civiltà democratica. Facciamolo perché serve a noi, a dare un senso alla nostra ricerca ed alla nostra umanità, a quello che siamo stati ed a quello che siamo diventati. E serve ai nostri figli, che senza la stella polare dei diritti e della civiltà non saprebbero dove dirigersi, malgrado i mille attrezzi elettronici che proponendosi come guide finiscono per disorientarli. Ma facciamolo anche perché noi abbiamo la sensibilità per capire che è nostro dovere, che lo dobbiamo ai nostri cari, indimenticati, generosi, leggendari Partigiani.

Buon lavoro a tutti noi, ORA E SEMPRE RESISTENZA!

 

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Umberto Zimarri
..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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