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Nairobi, è qui la Silicon Savannah?

CAPITALI FRESCHI, SVILUPPO DELLE RETI TLC E BUONA SCOLARIZZAZIONE FANNO DEL KENYA IL MIGLIOR CANDIDATO ALLA LEADERSHIP DEL NUOVO  MONDO DIGITALE.

Nairobi
Africa orientale. Chiudi gli occhi e immagina la savana. Aprili e vedi cavi, reti elettriche, router in funzione giorno e notte, wi-ti in ogni ristorante e spazio pubblico. Uffici in coworking dove programmatori poco più che ventenni sperimentano applicazioni mobili per mettere in collegamento i contadini delle più remote campagne con i trader del mercato del cibo.
Non è la savana che immaginavi’? Aggiornati. In Africa orientale, in quei paesi dove la rivoluzione digitale ha portato i governi a dotarsi di sistemi open data prima che in Italia, il paesaggio é dominato dalla Silicon Savannah.
La sua capitale? Nairobi, in Kenya, dove le esportazioni legate a servizi tecnologici sono cresciute dai 16 milioni di dollari nel 2002 ai 360 miliuni nel 2010 e dove i cellulari raggiungono il 74 per cento della popolazione e il 99 per cento delle connessioni a internet è dal mobile. La rivoluzione digitale qui è anche un po’ merito della compagnia telefonica Safaricom, che nel 2007 ha lanciato m-Pesa, un sistema di pagamento e ebanking via sms. Ma ovviamente anche di Ushahidi, piattaforma di mappe crowdsourcing nata nel 2008 e ora usata in tutto il mondo.
Nella Silicon Savannah non mancano i ghepardi. Sono la cheetah generation (“cheetah” é l’inglese per ghepardo), quei giovani che possono affermare che “scrivere un blog” ha cambiato loro la vita. Come la 28enne Jepchumba, kenyana ma residente a Cape Town, che twitta come @digitalafrican, simbolo di una generazicne di africani iperconnessi. <<La mia vita intera é online, le persone con cui interagisco e lavoro sono su internet, non ho nemmeno bisogno di un ufficio», dice Jepchumba, che quando non é in Sudafrica si sposta da una Ted Conference all’altra, passando dalla South by Southwest di Austin alla Think Infinite di Google in Brasile, per presen tare il progetto che occupa la maggior parte
delle sue giornate: un portale di curation di arte digitale (africandigitalartxom).

I nuovi startupper africani hanno trovato  a Nairobi terreno fertile grazie al buon livello di scolarizzazione, ma soprattutto per lo sviluppo dell'infrastruttura IT. Da alcuni mesi infatti, è operativo Lion2 (Lower Indian Ocean Network), la quarta dorsale sottomarina posata da Orange Kenya, controllata da france Telecom.

I nuovi startupper africani hanno trovato a Nairobi terreno fertile grazie al buon livello di scolarizzazione, ma soprattutto per lo sviluppo dell’infrastruttura IT. Da alcuni mesi infatti, è operativo Lion2 (Lower Indian Ocean Network), la quarta dorsale sottomarina posata da Orange Kenya, controllata da france Telecom.

Ad aiutare Jepchumba, da Nairobi, c’é Mark Kaigwa, 23 anni, regista, startupper, digital marketer; consulente e blogger. Quando aveva 19 anni è stato scelto dalla Warner Bros per creare Pamoja Mtaani, il primo videogioco di ambientazione africana, con cui ha vinto numerosi premi. Chiedergli a cosa sta lavorando attualmente é una domanda che innesca fiumi di parole. Perché, mentre scrive per Afrinn0vat0r.c0m, portale di informazione online nato per diventare il “Mashable” d’Africa, viaggia in tutto il continente per condurre workshop di animazione digitale.
Produrre contenuti é una cosa seria anche per Isaak Mogetutu, 24 anni, programmatore informatico per MFarm (www.mfarm.co.ke), applicazione basata su sms che permette ai piccoli produttori locali di conoscere istantaneamente il prezzo di alcuni prodotti alimentari. In pratica, basta mandare un sms con il testo “grano a Milano” e la piattaforma ri-
sponde facendo combaciare le due coordinate e permettendo di vendere il tuo prodotto a un prezzo giusto. «Per ora i produttori che usano la piattaforma sono gia 3000».
Anche il governo sta investendo. Entro il 2030 la Silicon Savannah diventera un distretto digitale a tutti gli effetti a 60 chilometri dalla capitale. Grazie a un progetto da 14,5 milioni di dollari, nei prossimi due anni verrà costruita una Silicon city di 2000 ettari con l’0biettivo di creare 200mila posti di lavoro entro il 2030. La city vuole attirare centri di raccolta dati, aziende di software development e ospitera anche un campus universitario. Gli investitori sono avvisati:
i ghepardi corrono veloci e non aspettano.

Articolo di Donata Culumbro, in Wired Italia.

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