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A qualcuno piace (il) caldo

Credevo non li avrei più rivisti. Un po’ come Vasco Rossi: ti convinci che ogni anno sia l’ultimo album, che non farà un altro tour, che ormai è tempo di sparire e abbandonare le scene, magari andando a trovare Elvis Presley e Jim Morrison in Marocco. E invece no. Ogni anno te lo ritrovi lì in tv a bofonchiare puttanate intollerabili sul rock n’roll o sul come ci si sente a essere l’unico vero rocker italiano, mentre al pacioso faccione di Vincenzo Mollica si alternano le immagini di un suo qualsiasi ultimo live, infestato da migliaia di subumani ruttanti, pronti a commuoversi di fronte alle vagine gestuali del loro idolo. Allo stesso modo, puntuali come le tasse (e la sifilide per un imprenditore italiano di ritorno da un viaggio “antropologico” in Thailandia), piombano i servizi dei vari telegiornali sul caldo e l’afa, previsti ma indesderati, neanche fossero dei parenti scrocconi di nono grado al vostro matrimonio.
Sembra che ogni anno l’estate sia un evento insolito, un fenomeno naturale rarissimo che si manifesta con la stessa frequenza di un’aurora boreale (magari nella cucina di Simour Skinner), o di una gravidanza voluta e programmata. Tralasciando l’effetto più nefasto, e cioè il mancato approfondimento dei fatti politici -questi sì- più scottanti, la beneamata “distrazione di massa” (ça va sans dire) si rinnova nei servizi estivi con un’agghiacciante metodicità: nei primi giorni di vero caldo, il mezzobusto in studio fa la solita, breve introduzione sul termometro che sale spietato nelle grandi città italiane, lanciando il servizio con un rassicurante <e ora vediamo come gli italiani affrontano questi giorni di canicola estiva>. L’apertura simbolista del servizio è affidata solitamente al primissimo piano di un cane in affanno con tanto di lingua ciondolante, sul quale irrompe, anch’essa affannata, la voce fuori campo della giornalista, la quale, con tono grave e allarmato, dichiara: <fa caldo!>. Stacco della camera su una solinga fontanella di un parco cittadino semideserto, il tono dell’inviata sale di intensità, e tra cicale in sottofondo e turisti che scambiano fontane storiche per piscine gonfiabili, il crescendo wagneriano culmina con i protagonisti di questo psicodramma epico: gli anziani. Fra teste canute e rugosi volti sofferenti, il martirio si consuma sulle panchine dei sempre più deserti e desolanti parchi pubblici, scandito dallo sventagliare impotente di accaldate (e non calde, ahiloro) signore, e il boccheggiare problematico di maschie cariatidi. Lo scenario da zattera della medusa, fatto di corpi esanimi ammassati l’uno sull’altro, gonne e pantaloni tirati su fino alle ginocchia a lasciar intravedere, rispettivamente, vene varicose e polpacci anemici, è reso ancor più drammatico dalla comparsa in video della giovane giornalista che, con sadismo nazista, inizia a intervistare i malcapitati anziani. Domande intelligenti, profonde, che rivelano l’essenza dell’accaduto mettendo in risalto le cause da cui è scaturito; domande del tipo: <fa caldo, vero> ? <Lei cosa fa per combattere l’afa>? <Quest’ondata di caldo africano la spaventa>?
Gli intervistati, colti di sorpresa e terrorizzati dallo sforzo intelluttuale richiestogli per affrontare le domande, iniziano a farfugliare, con evidenti difficoltà, delle possibili risposte sperando di non sbagliare, neanche fosse un’interrogazione. Con voce tremante, afflitti dal caldo torrido e dall’inopportuna cretina col microfono in mano, i vegliardi dicono che sì, fa molto caldo, e che i rimedi migliori per affrontare il clima equatoriale siano bere molta acqua e mangiare soprattutto frutta fresca e verdura. <E per non correre il rischio di malori e/o svenimenti, così frequenti per le persone anziane>? Chiede simpaticamente l’ancor più simpatica minus habens brandendo il nero strumento di tortura. La risposta vien da sè: <stare a casa davanti al ventilatore, o con il condizionatore acceso (regolando la temperatura al di sopra dei 23 gradi però), ed evitare di uscire nelle ore più calde>. Il telespettatore, sconvolto da tali verità rivelate -come se ad essere intervistato fosse stato quel famoso ebreo in voga tanti anni fa, con i capelli lunghi e la barba (sto parlando del chitarrista degli ZZ TOP, come avrete capito)- si rialza dal pavimento sul quale era precipitato per lo stupore e, in preda al panico, decide di affidare il proprio destino e quello dei suoi famigli al fruttivendolo sotto casa. Afferrata la carta prepagata, sta per precipitarsi al primo bancomat per prelevare quella migliaia d’euro appena sufficiente per uno stock di avocado e sedani freschi, quando si accorge, scivolando a cavalcioni giù per il corrimano delle scale a mò di pompiere, che sono le due di un torrido pomeriggio d’agosto. Il monito biblico dell’anziano sofferente ascoltato durante il tg, gli torna in mente attraverso una dissolvenza cinematografica; il volto affaticato, la fronte solcata dalle rughe e irrigata dal sudore, la voce flebile che riecheggia alle sue spalle e fatale gli ricorda: “Non uscite nelle ore più calde…” . Il povero telespettatore, confuso e disorientato, assume le sembianze dell’altro cane di Pavlov (quello meno intelligente, più simile a Rex) e, non sapendo più a quali stimoli reagire, si lascia cadere sui freddi gradini delle scale. In posizione fetale, avvolto nel calore del suo isolamento autistico, lo sfortunato eroe dei nostri tempi sa che l’incubo dell’indecisione passerà, che presto saranno le cinque del pomeriggio e finalmente potrà raggiungere l’agognato fruttarolo. Il caldo no lo avrà. Sarà lui ad avere caldo.

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Dario Corsetti

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  1. un altro articolo divertente e di contenuto frivolo lo potresti scrivere”sopra alla fescion denz di…………………caccola”

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