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Yara Gambirasio: prelevato DNA a donna di Cassino

yara gambirasio l'indifferenziatoAl più grande test collettivo sui Dna eseguito in Italia per venire a capo di un delitto si aggiunge il campione prelevato a una donna di Cassino, nel Frusinate. È la nuova, presunta, pista sull’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne sparita da Osio di Sopra (Bergamo) il 26 novembre 2010 e trovata cadavere tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola.

Il cellulare della donna di Cassino avrebbe agganciato una cella telefonica a Brembate, il giorno della scomparsa di Yara. I carabinieri ora confronteranno il campione prelevato alla donna, madre di tre figli, con quello, maschile, trovato sugli indumenti di Yara. Ecco come parla di quest’ultima ipotesi Trentino Corriere delle Alpi. Il quotidiano informa anche del Dna prelevato a un trentino nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio.

Le attenzioni degli inquirenti si sarebbero concentrate su una donna, che avrebbe mentito a proposito di un telefonino che era stato agganciato da una cella nella zona del tragico episodio. Ora, è stato deciso di sottoporre la donna (che potrebbe essere implicata direttamente, o che potrebbe avere mentito per coprire altre persone) alla prova del dna (…). Si vedrà nelle prossime ore se si tratta di una pista concreta o semplicemente di una nuova ipotesi, per una uccisione fin qui avvolta nel più fitto mistero.

Intervistata da “Chi l’ha visto?” la donna ha negato di essere mai stata a Brembate e qualsivoglia coinvolgimento.

La signora (…) ha rilasciato una intervista raccontando, innanzitutto, che il numero dell’utenza telefonica in uso alla donna non corrisponde a quella che presumibilmente si trovava a Brembate il giorno della scomparsa di Yara, il 26 novembre del 2010. (…) Per il fronte aperto in Ciociaria non è chiaro se ci si trovi ad un mero errore o se dietro il prelievo effettuato si nascondano altre motivazioni, non diffuse per motivi legati alle indagini.

Non vedo che cosa c’entro io con tutto questo. Non sono mai stata a Brembate e vivo qui a ottocento chilometri di distanza”. La donna, difesa dall’avvocato Teresa Testa, ha raccontato la sua esperienza: “Il maresciallo dei carabinieri (…) mi ha detto che dovevo fare il dna. Mi hanno sottoposta al test con due tamponi sulle gengive. Mi è crollato il mondo addosso. Sono uscita piangendo dalla caserma. Non ho nulla a che vedere con tutto questo. Mi chiedo perché mi hanno fatto il Dna“.

 

Fonte: www.crimeblog.it

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"Quando non si conosce la verità di una cosa, è bene che vi sia un errore comune che fissi la mente degli uomini. La malattia principale dell'uomo è la malattia inquieta delle cose che non può conoscere; e per lui è minor male essere nell'errore che in quella curiosità inutile".

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