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Ricordo di Giuseppe Fava.

« Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.  Giuseppe Fava.

Ci sono uomini che con il loro esempio tracciano la rotta per le future generazioni, Uomini che dovrebbero essere conosciuti e studiati sui libri di storia, ricordati  perchè  hanno avuto il coraggio di lottare e dire la verità. Giuseppe Fava era un giornalista dalla schiena dritta e uno straordinario esempio di intelletuale vero e libero, ucciso per le sue inchieste scomode, ma ancora oggi attualissime, sulle collusioni tra mafia-politica e finanza.  La sua morte ha lasciato a tutti un enorme insegnamento racchiuso in quattro paroline magiche: “concetto etico di giornalismo” che dovrebbe rappresentare la stella polare per coloro che, ad ogni grado e livello, vogliono fare dell’ informazione.

Giuseppe Fava nasce il 15 settembre 1925 a Siracusa. I suoi genitori erano maestri di scuola elementare e i suoi nonni semplici contadini. Fin da giovane mostrò una grande capacità nel mestiere di giornalista, tant’è che  diventa caporedattore dell’Espresso Sera.Nel 1980, prima, scrive la sceneggiatura di “Palermo or Wolfsburg” per il film di Werner Schroeter tratto dal suo terzo romanzo “Passione di Michele” che nell’80 vince l’Orso d’Oro di Berlino, poi, ritorna nella sua Sicilia, per dirigere il Giornale del Sud. Sotto la sua guida questo quotidiano diventa  attivo e dinamico essendo un punto di riferimento per i giovani giornalisti siciliani. Fava è molto attento nei suoi approfondimenti alle vicende di mafia, specialmente quelle riguardanti il clan di Nitto Santapaola. L’undici ottobre 1981 pubblica “Lo spirito di un giornale”, un articolo in cui dichiara le linee guida che faceva seguire alla sua redazione: basarsi sulla verità per «realizzare giustizia e difendere la libertà.   Dopo circa un anno di attività, cambiano gli editori del Giornale del Sud, arrivano,infatti, Salvatore Lo Turco, Gaetano Graci, Giuseppe Aleppo, Salvatore Costa.  Questi nomi, che non sembrano dire niente, erano in realtà legati a Cosa Nostra. Successivamente Fava venne licenziato. A nulla servì l’occupazione  della redazione da parte dei giovani giornalisti; poco dopo lo stesso Giornale del Sud chiuse i battenti per volontà degli editori.

Fava non si diede per vinto e misè in piedi con i suoi collaboratori, compiendo enormi sacrifici un nuovo giornale mensile: I Siciliani, le cui inchieste fecero storia e diventarono un caso nazionale nonostante la redazione era munita di due sole stampanti di seconda mano acquistate a cambiali. Quello che conta però, non sono i mezzi ma le idee e le capacità e senza giri di parole i reportage della rivista svelavano le operazione della mafia. L’Inchiesta più importante fu sicuramente” I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa”. In questo articolo, Fava faceva luce  sulle attività illecite di quattro imprenditori catanesi, Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Mario Rendo e Francesco Finocchiaro, e di altri personaggi tra cui Michele Sindona che Fava collega con il clan del boss Nitto Santapaola. Si arriva cosi al 1982, un anno pieno di sangue e di orrore per la Sicilia e per l’Italia intera: moriranno ammazzati tra gli altri, Pio la Torre prima e il generale Dalla Chiesa poi. Il clima intorno, a Fava, si fa sempre più cupo e teneboroso e come ricorda il pentito Angelo Sino: “In quel periodo non c’era una voce a favore di Fava. Veniva denigrato in tutte le maniere, non solo all’interno del fatto mafioso, ma soprattutto della politica. Lo chiamavano Puppo, modo di dire che era un gay: per loro era la cosa più denigrante. Dissero che andava davanti alle scuole ad adescare ragazzini”

Il 28 dicembre 1983 rilascia l’ultima intervista della sua vita ad Enzo Biagi nella trasmissione Filmstory.

La sera del 5 gennaio del 1984, Fava stava andando a prendere la sua nipotina  al Teatro Verga. Non fece in tempo a scendere dalla macchina che fu colpito da 5 proiettili calibro 7,65 alla nuca. Dopo questa morte cruenta e orribile, tutti sapevano chi e perchè aveva ucciso Giuseppe Fava, ma nella realtà le istituzioni e le indagini etichettarono l’omicidio  come passionale. Il sindaco di Catania Angelo Munzone diede fiducia a questa ridicola tesi e non fu organizzata nessuna cerimonia pubblica. Al funerale, però, parteciparono numerosi operai e  moltissimi giovani. Gli unici politici ad essere presenti furono alcuni membri del Pci e il Presidente della Regione, Santi Nicita.Ci vollero ben dodici anni prima di considerare il delitto Fava come un delitto di Mafia. Illuminanti, a tal proposito, sono state le dichiarazioni del pentito Maurizio Avola.  Nel 1998 si è  concluso il processo “Orsa Maggiore 3”: per l’omicidio sono stati  condannati Nitto Santapaola come mandante, Aldo Ercolano e Maurizio Avola come esecutori materiali.La procura di Catania ha inoltre avviato un procedimento contro Gaetano Graci che però si è dovuta concludere prematuramente per la sopraggiunta morte dell’imputato. Per quanto riguarda Carmelo Costanzo gli elementi di responsabilità sono emersi in un momento successivo alla sua morte e quindi non è stato possibile procedere contro di lui.

 

fonti: La Storia Siamo Noi. Wikipedia

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Umberto Zimarri
..Io, giullare da niente, ma indignato, anch'io qui canto con parola sfinita, con un ruggito che diventa belato, ma a te dedico queste parole da poco che sottendono solo un vizio antico sperando però che tu non le prenda come un gioco, tu, ipocrita uditore, mio simile... mio amico...

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