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Chronicle: la degenerazione dei superpoteri

Chronicle che nasce dall’idea e dalle menti di Josh Trank e Max Landis (figlio del più famoso regista John Landis) costato all’incirca 12 milioni di dollari, è il fenomeno cinematografico del momento, con incassi che superano i 120 milioni al box office. Ricalcando lo stile narrativo e visivo del classico “mockumentary” (del falso documentario) il regista crea e reinventa  seguendo le orme dei più noti Cloverfield, Paranormal Activity o del più datato Blair Witch Project, mescolando ad arte altri generi tra cui anche l’horror nella scena finale in cui si scatena la rabbia del protagonista Andrew.

LA TRAMA

Il film narra la storia di tre adolescenti  di Seattle all’ultimo anno del liceo: Andrew, (Dane  DeHaan) suo cugino Matt (Alex Russel) e Steve (Micheal B. Jordan). Il primo ha una situazione familiare disastrata alle spalle, con una madre malata di cancro allo stadio terminale e un padre alcolizzato che odia. Rappresenta nella descrizione fatta dal regista un sorta di ragazzino introverso e timido, chiuso in se stesso, e vessato in continuazione dai bulli della scuola e dal padre stesso. Matt e Alex sono il suo opposto, con il secondo a rappresentare il quarterback più popolare della scuola in procinto di candidarsi come rappresentate scolastico. L’impopolarità andrà a nozze con la popolarità nel momento in cui i tre protagonisti scopriranno durante una festa un cratere con all’interno una strana roccia cristallina di colore blu. Il contatto con quest’ultima cambierà per sempre le loro vite, dotandoli di poteri di telecinesi senza limiti. La domanda sorge spontanea: Cosa farebbe un adolescente se ricevesse dei superpoteri? Salverebbe il mondo? Oppure come accade nella serie televisiva Misfits, penserebbe a divertirsi e inevitabilmente senza controllo a mettersi nei guai?  La seconda risposta centro in pieno il plot narrativo del film. L’evoluzione dei poteri, dapprima limitati e nel finale devastanti segue di pari passo l’evoluzione psicologica dei protagonisti che cercano di porre delle regole chiare e precise per evitare di perdere il controllo della situazione, come accade ad Andrew quando rischia di ammazzare un automobilista. Sarà proprio l’escalation della rabbia interiore del più bizzarro e il più forte dei tre, (Andrew) ad allontanarlo dalla realtà, fino al delirio di onnipotenza finale, in cui il giovane adolescente pensa di rappresentare l’ultima specie dell’evoluzione umana.

ANALISI

Il film non annoia mai, soprattutto considerando come a livello di impatto visivo sia stato fatto un ottimo lavoro. La storia parte con il protagonista che cerca di girare un documentario sulla sua vita, frapponendo la telecamera come fosse un muro tra il suo mondo e quello reale. Una volta acquisiti i superpoteri cambia anche questa prospettiva, con Andrew che passa la maggior parte del tempo ad utilizzare la telecamera con maggior maestria, quasi volendo esteriorizzare questa abilità, variando la prospettiva da regista a protagonista del suo film. La personalità fragile e vessata del ragazzo, che prima dei poteri viveva un’esistenza solitaria,  genererà  all’interno di Andrew una moltitudine di dubbi sui nuovi rapporti che riuscirà  a crearsi in virtù della popolarità, generata dai numeri di magia esibiti in pubblico. Dubbi che lo divoreranno all’interno e gli faranno capire che prima dei poteri fosse solo, e senza amici. L’interiorizzazione di questa solitudine trasformeranno Andrew in un vero e proprio mostro dotato di poteri devastanti e senza controllo, costringendo il cugino Matt a dover ricorrere al gesto più estremo per fermare una parabola di distruzione senza fine. La scena finale è un richiamo all’anime giapponese Akira di Katsuhiro Otomo, con Andrew che in preda al delirio cerca di distruggere un’intera città.

Nel complesso il film è molto apprezzabile, non rappresenta certamente un capolavoro, ma va lodata l’opera del regista e dello sceneggiatore, nel ricercare la negatività dei superpoteri, che nelle mani di alcuni comuni ragazzi adolescenti, complicano inesorabilmente le loro vite, evolvendosi di pari passo con le loro personalità complesse, in un turbine incessante di situazioni catastrofiche. Il film si chiude con uno scorcio delle montagne tibetane, quasi a voler sancire la quiete dopo la tempesta.

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