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E noi zitti sotto!

Benigni-TroisiCome reagireste se vedeste vostro figlio/fratello/nipote essere preso a schiaffi per strada da un passante qualsiasi? Non ci piove, diventereste delle belve, di certo non fareste finta di non vedere. E allora perché spesso si rimane inerti mentre qualcuno sta praticando una violenza ben più grave, che, oltre ad avere effetti devastanti sul presente, danneggia senza via di scampo il futuro e la qualità della vita che attende i nostri figli/fratelli/nipoti? Come ci si può girare dall’altro lato mentre qualcuno sta usando una violenza così barbara sulla generazione futura, nel nostro territorio, a casa nostra? (Ma noi “Con la faccia sotto i tuoi piedi, e noi zitti sotto!” citando una celebre scena del film “Non ci resta che piangere”).

Prima di andare avanti è bene introdurre la definizione di sostenibilità:

«Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».

(Rapporto Brundtland, United Nations World Commission on Environment and Development, 1987)

Non c’è molto da discutere, è una definizione illuminante, chiarificatrice e largamente condivisibile. È secca, invita a riflettere, e guida la mente subito nella direzione giusta, cioè in direzione dei nostri figli, fratelli, nipoti, e da qui nasce subito una domanda: “È sostenibile PER LORO lo stile di vita che sto conducendo? In che mondo vivranno? Che mondo gli sto lasciando?”.

Senza dubbio ognuno nel proprio piccolo si impegna a essere più “sostenibile”, ma se si allarga di un po’ la visuale si è davvero sicuri che lo stile di vita che si conduce è frutto solo di una propria scelta? Cosa fa la classe dirigente e/o l’industria per garantire lo sviluppo (sociale, economico, ambientale) per mio figlio/fratello/nipote e di tutta la generazione alla quale dovremo lasciare il testimone?

Il dovere che abbiamo tutti verso la generazione futura è qualcosa di troppo grande, e il senso di responsabilità civile non consente di lasciar passare inosservati determinati comportamenti, comportamenti che hanno il solo scopo di fare cassa, espandere un impero o consolidare il potere di chi già tiene il timone. Arriviamo subito al dunque.

È stato già sottolineato da un precedente articolo de “L’indifferenziato” (link) come l’Arpa Lazio abbia riscontrato diversi punti critici nell’attività della discarica di Cerreto. Tra i punti più rilevanti del rapporto troviamo, ad esempio, il superamento delle soglie critiche di alcune sostanze. In particolare è doveroso portare all’attenzione che:

“Dall’esame dei risultati delle citate analisi trasmessi dalla Ditta Mad Srl è stato riscontrato per i parametri Ferro, Manganese, Arsenico, Nitriti, Solfati valori di concentrazioni superiori alle concentrazioni soglia di contaminazione nelle acque sotterranee…”

È intuitivo che, se queste sostanze sono penetrate nelle acque sotterranee, con tutta probabilità saranno captate dai pozzi che intercettano le falde limitrofe, entrando così nel circuito alimentare della popolazione locale attraverso l’uso diretto o indiretto (abbeveramento degli animali o uso irriguo).

Cerchiamo allora di chiarire gli effetti che queste sostanze possono avere sulla salute:

Secondo il metodo “Eco-indicator 99”, largamente impiegato per la valutazione dei potenziali impatti secondo lo standard internazionale ISO 14040:2006 e 14044:2006, l’Arsenico è al decimo posto tra le sostanze più carcinogene (il primo posto spetta alle diossine) mentre i metalli (come Ferro e Manganese) occupano la 47° posizione su un totale di 134 sostanze cancerogene individuate su una popolazione di 5749 sostanze considerate. Va da sé che la presenza delle citate sostanze nelle acque sotterranee sia qualcosa di chiaramente poco “sostenibile”.

E di quanto sono stati superati i valori limite?

(I dati di seguito riportati fanno riferimento a misurazioni dei campioni di acqua sotterranea prelevati presso la Ditta MAD S.r.l. nei mesi di agosto e settembre 2014.)

Il Testo Unico dell’Ambiente, tra i vari aspetti, disciplina e definisce questi limiti (Tab. 2 – All. 5 al Titolo V alla Parte IV° del D.Lgs 152/06).

  • Concentrazioni soglia di contaminazione per l’Arsenico in acque sotterrane: 0,010 mg/litro.
    Tale valore, da quanto riportato sul rapporto di Arpa Lazio, è stato superato in diversi punti di misura numerose volte presso la ditta Mad Srl, registrando picchi di concentrazione fino a 0,084 mg/litro (superando di 8,4 volte il valore di concentrazione limite)
  • Concentrazioni soglia di contaminazione per il Manganese in acque sotterrane: 0,050 mg/litro.
    Anche questo limite è stato superato presso diversi punti di misura numerose volte, registrando picchi di concentrazione fino a 0,570 mg/litro (superando di 11,4 volte il valore di concentrazione limite).
  • Concentrazioni soglia di contaminazione per il Ferro in acque sotterrane: 0,200 mg/litro.
    Anche questo limite è stato superato presso diversi punti di misura numerose volte, registrando picchi di concentrazione fino a 1,200 mg/litro (superando di 6 volte il valore di concentrazione limite)
  • Concentrazioni soglia di contaminazione per i Nitriti in acque sotterrane: 0,500 mg/litro.
    Questo limite è stato superato presso un punto di misura con una concentrazione registrata pari a 3,800 mg/litro (superando di 7,6 volte il valore di concentrazione limite)

Ad aggravare i risultati c’è una nota dell’Arpa Lazio che va rimarcata:

Le tabelle e i grafici seguenti (Tabelle 19a, 19b, 19c, Grafici da n.1a a 1f) riportano il confronto tra i risultati analitici riscontrati da ARPA Lazio e quelli del Laboratorio incaricato dalla Ditta Mad S.r.l. per i parametri “Metalli” (analizzati sul filtrato) ed “Idro chimici” ed i campioni analizzati da entrambi i laboratori con le relative percentuali di discordanza, evidenziando variazioni significative dei risultati in particolare per i parametri Cadmio, Ferro, Rame, Zinco, Ossidabilità e Mercurio ed una discreta confrontabilità dei risultati per i restanti parametri (variabili comunque nei vari piezometri).

Infatti, se si osservano i dati del rapporto Arpa Lazio, si legge che sono state riscontrate discordanze fino al 200% tra i valori misurati dall’Arpa Lazio e quelli del laboratorio incaricato dalla Ditta Mad, e indovinate un po’, il laboratorio incaricato registrava sistematicamente, per queste sostanze, concentrazioni inferiori rispetto a quelle che sono state poi misurate dall’Arpa Lazio (fino appunto a picchi di 200% di discordanza tra i valori). Colpa degli strumenti di misura? Forse, ma nasce un dubbio legittimo riguardo alla condotta.

Questo dubbio si rafforza se si prosegue con la lettura del rapporto. Infatti, come è stato già messo alla luce dal precedente articolo de L’indifferenziato, sul rapporto dall’Arpa Lazio compare sia una nota riguardo a uno scarico non autorizzato in un corpo idrico, sia che:

Nonostante nel corso dei citati monitoraggi delle acque di falda siano stati riscontrati valori superiori alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione previste dalla Tabella 2 – Allegato 5 alla Parte IVa del D.Lgs. 152/06 e smi, non risulta che la Ditta abbia attivato le procedure previste dalla normativa vigente in materia di bonifica dei siti contaminati.

Ma andiamo avanti. È recente la notizia della richiesta di ampliamento della discarica di Cerreto da parte di Mad Srl, e si parla di comitati che stanno nascendo per opporsi a tale ampliamento; non tutti infatti sono disposti a voltare le spalle a ciò che sta accadendo. La Conferenza dei Servizi è prevista per il 5 novembre.

Dall’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale, che è stata presentata alla Regione Lazio, (paragrafo 9.5 “Popolazione e salute pubblica”), si evince chiaramente che il richiedente (Mad Srl) è a conoscenza del fatto che c’è un’incidenza superiore alla norma di malattie e decessi nelle zone limitrofe agli impianti di smaltimento:

Gli effetti sulla salute dell’esposizione a impianti di trattamento dei rifiuti sono un argomento da lungo tempo dibattuto. Negli ultimi anni alcuni studi hanno messo in luce una maggiore frequenza di decessi e malattie per alcune cause tumorali e non tumorali e di eventi sfavorevoli della gravidanza (malformazioni congenite, basso peso) tra i residenti nelle zone circostanti gli impianti.

…pertanto, c’è un ragionevole dubbio che esista un legame tra una maggiore incidenza di “eventi sfavorevoli” e la vicinanza ad un impianto di smaltimento, quindi l’esposizione alle emissioni. Poi continua:

Tuttavia, lo studio di questi effetti è molto difficile, soprattutto per l’ampia gamma di sostanze che vengono prodotte nei vari processi di smaltimento, per le differenti vie di esposizione, per la compresenza di altre fonti potenzialmente dannose, per l’eterogeneità della popolazione esposta e perché si tratta per lo più di esposizioni a lungo termine. Questa molteplicità di fattori fa sì che il livello di incertezza nella valutazione degli effetti sulla salute dello smaltimento dei rifiuti sia ancora molto alto e che le prove scientifiche fin qui prodotte soltanto in rari casi siano sufficienti ad attestare un nesso causale tra esposizione ai processi di smaltimento dei rifiuti e insorgenza di malattie o aumento di mortalità.

Quindi, visto che non c’è (ancora) la certezza che il colpevole sia l’impianto, perché non andare avanti e ampliarlo questo impianto? (!!!). E non è tutto:

                “Per quanto riguarda la componente paesaggio, risulta difficile quantificare l’impatto in maniera sistematica in quanto ciò è possibile soltanto attraverso parametri e valutazioni di carattere soggettivo. In ogni caso, si può comunque rilevare come il progetto insista su un’area già pesantemente compromessa dal punto di vista visivo; il contributo derivante dal progetto si ritiene, pertanto, non significativo.”

In questo breve passaggio è stato violentato il concetto di sostenibilità citato all’inizio. Sì, avete letto bene, dal momento che c’è un paesaggio già deturpato (tra l’altro dalla preesistente discarica stessa), se si scava un altro grande fosso da riempire con rifiuti la differenza, in negativo, non verrebbe notata da anima viva, quindi perché non andare avanti e ampliarlo questo impianto? (Ma se invece si togliessero queste fosse maleodoranti, per il bene delle generazioni future? La differenza si noterebbe chiaramente già da subito, e ovviamente in positivo).

Gli svantaggi, purtroppo, non sono soltanto sociali e ambientali, ma sono anche di natura economica; non per essere veniali, ma tutte le proprietà circostanti stanno vedendo il proprio valore economico ridursi drasticamente, e non solo, se si riflette sulla qualità della vita ci si rende subito conto che essa sta peggiorando inesorabilmente. La qualità della vita di ognuno non dovrebbe essere intaccata dalla condotta degli altri.

Chissà, un giorno forse, come facevano i nostri padri e nonni, si potrà tornare a nuotare per questi luoghi, magari i nostri figli/fratelli/nipoti potranno farlo, ma non ci vuole una mente superiore per capire che non è questa la via.

Forse una VERA opposizione a questa violenza deve ancora arrivare, un’opposizione emancipata dal voler ottenere un vantaggio personale. Forse in tanti, troppi, hanno preferito accettare di voltare le spalle in cambio di un vantaggio immediato ma privo di prospettiva, magari di un posto di lavoro o un rimborso per una proprietà (che intanto ha dimezzato il proprio valore di mercato), costruita comunque col sudore della fronte, magari con i propri sacrifici o con il sudore della fronte di un amorevole genitore che aveva l’unico sogno di vedere prosperare la propria famiglia in quella casa. Però chissà, girandosi dall’altro lato ci si è imbattuti nel figlio del vicino che è stato colpito misteriosamente e improvvisamente da una brutta malattia, e allora ci si deve girare, per forza di cose, da un altro lato ancora per non vedere, e chissà girandosi verso un altro lato, e un altro lato ancora, quante altre inumanità si dovranno sopportare. Quant’è lontano il limite di tolleranza a tutto questo?

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